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29 marzo 2013

LA SERVA PURGATA

Sguattera sudiciona,
come sai ho una serva poetessa. Perquisendo il solito anfratto del ripostiglio ho trovato un'altra chicca. Si tratta di una poesia scritta recentemente, la serva racconta al diario in maniera autobiografica. Che dire? Uno sfogo inutile e prolisso in cui la serva travisa la squallida realtà.
Come sempre riporto integralmente lo scritto.

FrauJulia


Povera me, con medica prescrizione,

purgata sarò, non per punizione.

La Signora la ricetta ha sequestrata,

e con la sua infermiera si è accordata.

Al ritorno la Signora ha un pacco tra le mani:

"Con questo io ti purgherò domani!

Il pancione avrai ben ripulito,

con digiuni e purghe, hai capito?

E se ti mancasse l’autocontrollo,

saran quattro clisteri da cavallo!"

Un sobbalzo diedi spaventata,

non la purghetta da me sperata,

ben altra purga per la povera servente,

deh, Signora mia, sia clemente!

Di una cosa ero sicura:

mi aspettava una giornata molto dura.

E così, dopo dieta rigorosa,

arrivò infine la giornata più schifosa.

Litri quattro di purga nauseante,

renderanno la giornata allucinante.

La Signora mi riempie un bicchierone,

e mi ordina: "Consuma il beverone!"

Una nausea terrificante

è la reazione al super purgante!

Occorre qualche buona sculacciata,

per costringermi a ber la bicchierata.

E mai cala di livello la caraffa,

mai arriva il bicchiere della staffa!

Sudo nel grembiule a pancia cinta,

che si gonfia come fossi incinta.

Passa lo straccio a quattro zampe,

la servetta a cui tremano le gambe.

Ora brontola e gorgoglia il  pancione,

signora, mi scappa, non resisto alla pressione!

La Signora il suo bagno mi concede,

col pancione dolorante la serva lì siede.

Ma non è che l’inizio: altre ore ancora dura,

per la serva, del purgante la tortura.

E mai cala di livello la caraffa,

mai arriva il bicchiere della staffa.

Ed infine la serva è esaurita,

quando la Signora dice: è finita.

L’indomani, non fu proprio divertente,

gonfiata e penetrata da un nero e plastico serpente,

Tutto bene, fu il verdetto di un dottorino,

ma non ben pulito l’intestino!

"Tra mesi sei ripeteremo l’ispezione,

ed oltre alla purga, un bel clisterone!"

E così tornammo a casa, la Signora ringraziai per l’assistenza,

e per avermi sopportata con pazienza.

E tra un semestre sarò  purgata nuovamente,

di sicuro ancora più severamente,

e già non riesco a togliere il pensiero dalla mente.

25 marzo 2013

LA PORTINAIA

Un importante contributo della Signora FrauJulia

LA PORTINAIA
di FrauJulia

Care Signore,
per ragioni logistiche, in inverno abito in centro città in un vecchio palazzo stile impero, dotato di portinaia. E proprio della portinaia vorrei parlarvi. La portinaia si è dimostrata una inaspettata validissima alleata nella gestione della domestica. Dovete sapere che, come consigliato da Madame Janine, quando punisco la serva ordino di indossare la divisa di fatica e punizione. Ma ho conservato un vezzo: il fazzoletto da testa normalmente grigio topo, come originariamente era la scolorita e macchiata divisa, varia di colore quando la serva è punita. A seconda del tipo di punizione faccio indossare un fazzoletto rosso se è stata sculacciata o frustata, giallo se sta trattenendo la pipì, verde se sta trattenendo un clistere a pancia gonfia, marrone se è stata purgata e ne sta attendendo l’effetto. Vi chiederete la funzione del colore del fazzoletto della serva. Dovete sapere che, come ciliegina sulla torta della punizione, ordino alla serva del lavoro pesante ed umiliante, E cosa di meglio di portare la spazzatura? Non crediate che sia una cosa facile, abito al terzo piano, alla serva è assolutamente interdetto l’uso dell’ascensore. Se si aggiunge che con la raccolta differenziata la serva deve scegliere se fare un viaggio stracarica o più viaggi, inizia ad apparire la valenza punitiva di portare giù la spazzatura, con le natiche brucianti oppure con il ventre preda di coliche.
Ma qui appare la portinaia, questa donna, sia pur di umili origini, ha i numeri per essere una perfetta educatrice di serve. Quando sente la serva scendere stracarica le scale, nota immediatamente il colore del fazzoletto, il cui significato le ho rivelato. Ed al rientro della serva, a compito eseguito, inevitabilmente la ferma per due chiacchiere.
E ben presto è nata una certa confidenza e così, la portinaia si offre di mettere una cremina rinfrescante su natiche arrossate da sculacciate o frustate, in realtà passati dieci minuti l’effetto rinfrescante svanisce e il bruciore viene esaltato e dura ben più a lungo, grazie a quella che in realtà è una pomata riscaldante per i reumatismi.
E se la serva ha urgenza del bagno e supplica di poter usare quello della guardiola, molto spiacente la portinaia lo nega: il severo regolamento condominiale lo vieta esplicitamente e severamente.
La caritatevole portinaia insiste comunque nell’assistere la poveretta: qualcosa di caldo le farà senz’altro bene, sembra così pallida, si sieda, intanto che l’acqua bolle…..
La furbona fa questo conscia che i minuti necessari per scaldare l’acqua sembreranno ore alla poveretta, ed in questo tempo l’ingenua serva, sottoposta a pressante interrogatorio rivela particolari succosi che eccitano la “caritatevole” portinaia.
Se la serva ha la vescica piena le verranno offerte un paio di abbondanti tazze di tè, in realtà una potente di tisana diuretica che porterà la serva all’isterismo con la vescica che pare scoppiare.
Analogamente succede se la serva è gonfiata da un clistere, una buona camomilla per calmare le coliche richiede una decina di interminabili minuti di preparazione e nel frattempo un massaggio al pancione permette alla portinaia di divertirsi schiacciando la pancia un po’ qui ed un po’ là, in modo da sentire lo sciacquio ed i gorgoglii e aumentare i dolori.
E nel caso la serva sia stata purgata, una buona limonata molto abbondante: acqua ben calda, abbondante succo di limone ed un cucchiaione di bicarbonato. Tale frizzante mistura è una specie di sturalavandini, il purgante inizia immediatamente a fare un effetto quadruplicato. E la portinaia si bea dei gorgoglii di pancia innescati e delle smorfie della serva.
E non crediate che io scherzi, è capitato che la serva sia dovuta riscendere, paonazza per la vergogna, a lavare ed asciugare le scale ed il pavimento della guardiola, dopo essere stata trattenuta oltre l’umana sopportazione.
Da allora impongo alla serva un umiliante paio di mutande impermeabili e pannolone di cui si vergogna immensamente, poiché, ovviamente camminando fanno rumore e non sfuggono agli sguardi curiosi delle altre abitanti del palazzo. Mutande che è bene siano ancora asciutte al ritorno, a scanso di ulteriori umiliazioni.
E qui la portinaia chiacchierona ha messo in giro la voce che la serva, poveretta, ha problemi di nervi, soffre di pancia ed è incontinente. Questo spiega e giustifica qualsiasi stranezza di comportamento della medesima, dandomi piena libertà di azione nei metodi disciplinari.
Infine la implacabile custode che tutto vede nel palazzo, si fa dovere di segnalarmi la più piccola trasgressione o inadempienza di cui la serva si renda colpevole, ben contenta poi di collaborare alla punizione della serva sciatta e lazzarona.
FrauJulia


16 marzo 2013

LANCY 2 - DENTRO LANCY

LANCY 2
di sguattera sudiciona

Grosse Jeannette assicura sotto il mento della schiava un collare d'acciaio ricoperto di gomma al quale aggancia, tramite un moschettone, una catena. Afferrato saldamente il capo della catena, la guardiana alsaziana tira senza tanti complimenti la serva di mezza età e le due donne escono dalla umida cella.

Il corridoio delle sette celle
Schiava e custode attraversano un lungo corridoio sul quale si affacciano altre sei porte che chiudono altrettante celle simili a quella che ospita la sguattera sudiciona. Mentre camminano, improvvisamente dalla quinta cella si alza un lamento, lungo e distinto, che sembra prolungarsi infinitamente nel tempo.
“Sembra un muggito”, pensa la schiava inghiottendo la saliva per evitar di rimettere. Il sudore le ha macchiato la divisa sotto le ascelle: un sudore fresco, che va a sovrapporsi e a risvegliare quello depositatosi in tante, interminabili ore di lavori forzati e di punizioni. All'udire lo strano suono, istintivamente la schiava domestica rallenta il passo. Uno strattone alla catena la ricompone, e la sguattera sudiciona si rimette in marcia, il butt plug che scava il retto, la pancia gravata dalla mistura di acqua olio e sapone, le pesanti doppie mutande che la sigillano. Le due donne procedono, scalino dopo scalino, risalendo verso il pian terreno.

Open space a Lancy
La sguattera sudiciona avanza faticosamente sui suoi zoccoli, il ventre che ballonzola grottesco sotto il grembiule, il pancione ben riempito di liquido caldo e vischioso. Cammina dietro la sua custode, attanagliata dai crampi che arrivano intermittenti. Finalmente le scale sono terminate: al pian terreno, dove si trova il Grande Salone di Lancy, un lusso luminoso, sfrenato ed eclettico travolge l'enorme open space progettato da un notissimo architetto italiano.

Mentre attraversano un labirinto di statue, librerie, folti tappeti, lampade e paraventi, Grosse Jeannette offre alla schiava domestica alcuni dettagli sulla sua nuova condizione: - Tutte voi schiave faticate sempre ben piene, sudiciona! O lavorate nel castello, o nel parco oppure venite messe sul treadmill a sgranchirvi le gambe! - Grosse Jeannette conclude il suo breve discorso con una fragorosa risata. Evidentemente l'ultimo elemento l'ha particolarmente divertita. Mentre procedono attraversando l'enorme salone, la guardiana e la sguattera sudiciona incrociano altre due schiave domestiche: sono inginocchiate a strofinare con minuziosa attenzione un tappeto, sorvegliate da una custode magra e allampanata, vestita esattamente come Jeannette, ma di qualche anno più giovane.

Altre schiave domestiche
Le due schiave domestiche hanno i grembiuli di gomma ben gonfiati dai ventri prominenti, ma a dispetto della rotondità della pancia, il resto del loro corpo è asciutto e scarno, ancorchè muscoloso. I volti, tesi in una perenne smorfia, hanno un colorito giallastro: la nuova schiava imparerà presto che quei volti sono la cosiddetta “maschera” delle schiave di Lancy, volti di donne perennemente alle prese con gli effetti di continue e ripetute “gravidanze” a base della mistura escogitata dalle due Signore del maniero. Le due serve indossano la divisa di ordinanza in tela grigia, dalle maniche corte, grembiulone di gomma verde e guanti dello stesso colore e materiale. Una delle due schiave, che apparentemente sembra sui cinquant'anni, porta anche un fazzoletto di tela grigia annodato sulla nuca; l'altra, decisamente più giovane, è a capo scoperto, le ciocche bionde zuppe di sudore che penzolano intorno ad un viso delicato, coperto di lentiggini.
Istintivamente, Grosse Jeannette si ferma, mette in mano a Hilda la catena della sguattera sudiciona e si china sulla schiava di mezza età che indossa il fazzoletto. Alla maniera in uso fra le guardiane di Lancy, la ragazza saggia attentamente la consistenza del ventre della serva premendolo e schiacciandolo più volte con con le mani.

La schiava grunisce, grufola soffiando e storcendo la bocca ma cercando, nonostante tutto, di rimanere ferma durante la rude ispezione. Dal suo ventre proviene il solito, osceno gorgoglio. Grosse Jeannette, senza smettere di premere il ventre della serva e tenendo il viso fisso e concentrato sulla sua pancia, dice all'altra guardiana: - Hilda, mi sembra che Frau Schwanger, qui, sia stata gonfiata poco! La prossima volta riempila di più, capito?
La sguattera sudiciona osserva impietrita la scena. Per qualche diabolica empatia, per una dannata sincronizzazione psicofisica che, presto imparerà, misteriosamente intercorre fra tutte le schiave domestiche di Lancy, ecco che proprio mentre il ventre della sfortunata Frau Schwanger viene sondato dalle mani della giovane e robusta guardiana, un violento crampo strizza le sue immonde budella, che cercano di espellere il liquido e insieme il tappo che lo trattiene al loro interno.

La sguattera sudiciona si piega in avanti senza nemmeno rendersene conto, tirando la catena di cui Hilda tiene in mano l'altra estremità. - Composta, vacca! - sibila la guardiana alta e magra dando uno strattone alla catena. La sguattera sudiciona lotta ancora contro il crampo: senza nemmeno essersene resa conto, si sta massaggiando la pancia, un fatto talvolta tollerato da alcune guardiane, ma evidentemente non da Hilda. - Mani sulla testa, vacca! - ordina Hilda. Tremante, in preda a una colica, la sguattera sudiciona solleva le mani guantate sopra la testa socchiudendo gli occhi, cercando di respirare lentamente e di resistere. Le gira la testa, si sente impallidire violentemente, è sicura che fra pochi secondi cadrà a terra, svenuta. Ma ciò non accade, non ora, almeno. Con gradualità, il crampo molla la presa, lasciando il terreno alla sensazione di base provata da tutte le schiave domestiche di Lancy: un irrefrenabile, impellente irrisolvibile e continuo bisogno di evacuare.

La crisi isterica di Frau Schwanger
Intanto Grosse Jeannette, la collega di Hilda, rivolgendosi direttamente alla donna carponi sul tappeto, dice, scandendo bene le parole e alzando la voce: - Capito bene, Frau Schwanger? Non ti hanno riempito abbastanza! Al prossimo turno, doppia dose!
A queste parole, qualcosa scatta nella mente ottenebrata della serva: colta da una crisi isterica, crolla il capo più volte, strizza le palpebre, poi improvvisamente si scuote tutta, solleva oscenamente la divisa sulle reni e, drizzatasi sulle ginocchia, scopre le doppie mutande contenitive in cuoio e in caucciù, le afferra alla cintola in un disperato tentativo di liberarsi e cerca di strapparsele di dosso strillando come un'ossessa.

Grosse Jeannette e Hilde scoppiano a ridere, e per qualche istante osservano la donna dimenarsi grottescamente in preda alla crisi isterica, inginocchiata e con la divisa e il grembiule arrotolati intorno alle reni, il pancione ben chiuso e teso nell'inespugnabile doppia mutanda di sicurezza.

- Ah! Ah! Ah! Cattiva bambina, Frau Schwanger, queste cose non si fanno! - la sgrida Frau Jeannette. - Credo proprio che una bella sculacciata non te la levi nessuno! Tienila ferma, Hilda!
La giovane e allampanata custode lascia cadere sul tappeto la catena della sguattera sudiciona e si lancia sulla serva isterica, afferrandola per le mutande. - In posizione, vacca! - ordina Hilda alla schiava domestica, tenendola saldamente per le mutande. Ma la schiava ha ormai perso completamente la testa: si divincola, si contorce, il pancione che fluttua e ondeggia, in un forsennato agitarsi di cuoio, tela e gomma. - Che succede qui? - Una voce controllata ma tagliente come una lama mette fine di colpo alla gazzarra. Persino la schiava impazzita ritrova, animalescamente, un briciolo di autocontrollo e smette di agitarsi, rimanendo in ginocchio col culo rivestito di cuoio ben in alto e la testa a terra, fra le braccia appoggiate al suolo, come è stata abituata a fare quando deve ricevere una punizione. Herrin Anne è bellissima, molto più bella di quanto non le fosse sembrata nel supermercato di Lugano, pensa la sguattera sudiciona mentre istintivamente abbassa la testa di fronte alla bionda padrona. - Che succede qui? - ripete Herrin Anne, senza attendersi una risposta. Poi, rivolgendosi a Grosse Jeannette, ordina a bassa voce: - Per Frau Schwanger fustigazione immediata, si cominci con 60 colpi sulle cosce, poi vedremo!|

L'open space di Lancy è ora piombato in un silenzio greve, reso ancora più pieno dal quasi impercettibile lamento proveniente dalla bocca di Frau Schwanger.
(2- continua)

5 marzo 2013

PENSION BALNEARIA 60


© Georges Pichard
Nobili Signore, Serva sudiciona,
e così, dopo l’attacco isterico, vengo ammanettata ed incatenata, in modo da essere costretta a fare piccoli passettini, la perra in persona mi trascina fuori dal bar, tra due ali di clienti, spiegando ad alta voce che ci penserà lei a togliermi le mattane. Mi incatena al paraurti del suo gippone, mi fa liberare la gambe e parte, costringendomi a correre. Fortunatamente, appena fuori dal paese, vengo incatenata nel baule e così faccio “comodamente” i numerosi chilometri per arrivare alla Pension. Qui vengo affidata alle amorevoli cure delle carissime Gog e Magog che, tanto per cambiare mi bastonano. Si fanno un sacco di risate perché dal “bar de tapas” mi sono portata in una borsina alcuni pezzi di sapone da bucato, mi dicono che potrò eventualmente mangiarmelo. La perra ha una sua cura per le serve isteriche e ben presto sono costretta a sperimentarla. Una gabbia di ferro, piccola, saranno 100 x 120 x 60 centimetri non ho posto per stendermi e così devo stare piegata in una posizione scomoda. Niente da mangiare. Di tanto in tanto passa la perra e si diverte, visto che la sete mi tormenta, fa pipì in una brocca e subito mi costringe a berla, calda e puzzolente.
Quando vengo liberata e riportata dalla perra, sono indebolita. Anche la perra si fa un sacco di risate vedendo i miei pezzi di sapone. Per togliere i grilli dalla testa delle sguattere, dice la perra, niente di meglio che un po’ di lavoro, e così vengo messa alla noria. Devo spingere da sola il meccanismo, con una delle sorveglianti a controllare che io non batta la fiacca. Le ore passano lentissime, girando in tondo, spingendo la barra di legno della noria, a cui sono stata incatenata. All’ora di pranzo la perra mi ha fatto preparare un piatto speciale: un litro d’acqua in cui hanno immerso un pane, facendolo scogliere. Una bella “sopa magra”, sei costretta a bere e mangiare nello stesso tempo, non ricavando alcun piacere da nessuna delle due cose. Inoltre devi sbrigarti a finire, altrimenti le sorveglianti ti tolgono la scodella e fino al prossimo pasto non ricevi più nulla, neanche l’acqua. Come umiliazione addizionale, essendo incatenata alla noria, devo chiedere per pietà alle sorveglianti di potermi scaricare o fare pipì, e non sempre il permesso mi viene accordato, aggiungendo così alla fatica di spingere, quella di trattenermi.
Ma non è finita. La sera vengo portata nel salone, di fronte a tutte le altre serve. Mi attende la silla de la verguenza. Quasi svengo quando vedo cosa ha preparato la perra: tre mostruosi plug di bakelite, trovati quando abbiamo ripulito le cantine della Pension. La perra, viste le dimensioni spropositate, li utilizzava come fermacarte. Invece sono lì ben pronti per l’utilizzo. Le mie due “amiche” Gog e Magog mi legano. La perra in persona indossa dei guanti chirurgici e impugna il primo dei plug. Mi annuncia che, dato che è il più piccolo, lo infilerà senza lubrificazione, sta a me lubrificarlo con la saliva.
Non ricordo se lo ho già raccontato, ma in questa regione la cosa più umiliante per una femmina è violare il … lato B. Capite dunque l’umiliazione che mi viene imposta, di leccare accuratamente il plug, per almeno inumidirlo con la saliva per diminuire il dolore che mi attende. Poi la perra impugna l’oggetto e lo appoggia. Mi dice in modo che tutte sentano “si no quieres romper, empuje y relajarse!”. E così costretta, cerco di allargarmi. L’introduzione, sebbene il plug sia il più piccolo, è atroce. La perra spinge brutalmente, ruotandolo contemporaneamente e l’oggetto entra come nel burro, causandomi un forte dolore. Il mio urlo viene accolto dal sorriso della perra. Le mie compagne sono raggelate. Per ulteriore dileggio al plug è stato attaccato un ciuffo di fibre, a simulare la coda di un cavallo!
Dopo un po’ mi fanno rialzare e la perra attacca un peso all’anello posto in coda al plug. Sono così costretta a camminare, stringendo disperatamente, con il peso che oscilla tra le gambe. Il mio sfintere, già provato, brucia come l’inferno. Purtroppo non stringo a sufficienza e sento il plug scivolare inesorabilmente fuori. Devo ripulire con la lingua il plug che mi è sfuggito. Ma ora mi attende la misura successiva. Vedo le dimensioni del terzo plug, anche una mucca avrebbe difficoltà a riceverlo. Mi dico che costi quello che costi, devo accontentare la perra al secondo plug. Devo leccare a lungo anche questo tra i lazzi delle sorveglianti. La perra lo impugna ed inizia a spingere. Il plug è così grosso che non è possibile infilarlo in un solo colpo. Così per ben cinque minuti mi struggo a spingere e dilatarmi, mentre la perra spinge ed estrae l’oggetto sempre più a fondo. Il dolore è tremendo, pare mi abbiano inserito un ferro rovente!
Finalmente l’oggetto entra ed il mio povero sfintere si restringe, ma la base del plug lo tiene, comunque, enormemente dilatato. La perra appende nuovamente un peso e devo camminare a lungo tra le mie colleghe. Non contente raddoppia addirittura il peso e devo sforzarmi a stringere per non lasciare cadere anche questo. Non so quanto duri, a me paiono comunque ore. Alla fine la perra si stanca ed estrae il plug. Altro dolore per il mio povero buchetto. Devo nuovamente ripulire il plug con la lingua. Ma la cosa che mi terrorizza, scusate la crudezza, è che il buchetto rimane dilatato e …. mi sporco! Piango disperata per l’umiliazione e temo di dover portare un pannolone per il resto della vita! Fortunatamente in capo ad alcune ore il mio povero sfintere recupererà pian piano le sue capacità di tenuta.
Ma non è finita, ora la perra mi obbliga a tenere la posizione della rana : fa mettere due mattoni per terra e devo stare con i piedi su di essi, a cosce ben aperte. Le braccia vanno tenute aperte, in linea con le spalle e le palme delle mani vanno tenute in alto, un po’ come l’uomo di Vitruvio. Una federa mi viene messa sulla testa, in modo che io non possa vedere. La perra è in poltrona di fronte a me, armata del suo scudiscio preferito. E’ una posizione incredibile, a dirla sembra una cosa di tutto riposo, ma dopo una diecina di minuti ti ritrovi con le spalle doloranti ed i muscoli di braccia spalle e costato che paiono in fiamme. Ed al più piccolo movimento od accenno ad abbassare le braccia, la perra mi colpisce su interno cosce, vagina, seni ed ascelle. Sa benissimo che non sopporto di essere percossa in queste parti e si diverte come il gatto con il topo. Sudo, piango ma come accenno a muovermi sono fiammate di dolore dalle parti colpite e, se non faccio alla svelta a riprendere la posizione imposta le scudisciate si ripetono inesorabili. Dopo ore di tormento crollo svenuta vengo trascinata dolorante in cella, per una altra comoda nottata, da passare nuda sul pavimento di legno, in posizione fetale, visto che non posso stendermi.
Sguattera Nadia

2 marzo 2013

LANCY - 1



Nota di Janine Souillon
Il testo che segue contiene, per mia espressa volontà, degli elementi autobiografici riconducibili alla vera identità della sguattera sudiciona. Tali elementi permettono di conoscerla meglio, anche se non ne rivelano in modo esplicito l'origine. Per lo stesso motivo, su mio ordine, la serva ha eliminato la prima persona dal resoconto che segue, attenendosi ad una narrazione "impersonale". 

Come stabilito in precedenza da accordi privati, all'ottima FrauJulia è affidata l'educazione della schiava.
JS

LANCY
di sguattera sudiciona

La Mercedes modificata scorre silenziosa e veloce per le strade di Lancy, tagliando l'aria fredda che avvolge il Comune del Canton Ginevra, in una prima mattina di un imprecisato giorno di dicembre, anno di grazia 2012. 

Il van della Mercedes, a differenza dei lussuosi interni in radica e pelle bianca destinati alla chauffeuse e alle due occupanti, è terribilmente spartano: una cella senza finestrini, interamente foderata di zinco, con catene e manette agganciate a una serie di tubi di acciaio saldati alle pareti. Inginocchiata, le mani ammanettate dietro la schiena, un collare di cuoio collegato con una catena a un grosso anello di ferro infisso sul fondo della cella semovente, vediamo una donna.

Indossa una divisa vecchia e consunta, macchiata di sudore in più punti, dalle maniche corte. Le mani sono coperte da un paio di guanti di gomma verdi, il ventre e i seni della donna sono avvolti in uno spesso grembiule di gomma dello stesso colore dei guanti. Se il volto della schiava non fosse coperto da un cappuccio di cuoio marrone, si riconoscerebbero i lineamenti di una sfiorita cinquantunenne che dimostra almeno cinque anni in più della sua età. La finezza dello sguardo rivelerebbe quello che un tempo, prima di essere schiava, la schiava è stata. 

Ogni tanto, nel labirinto di fatiche e degradazioni a cui è quotidianamente sottoposta, nella mente della serva si insinua, sporadicamente, un brandello di ricordo della sua vita precedente. 
Compito delle sue padrone è tenere sempre desto, anche grazie alla scrittura, questo larvale ricordo, affinchè sia più dolorosa la coscienza della sua condizione presente. La schiava scrive, da sempre, in inglese, essendo nativa degli Stati Uniti e giunta in Svizzera per lavorare immediatamente alle dipendenze di Janine Souillon. Per tale motivo, è la stessa Janine a tradurre i suoi testi in italiano e, talvolta, in francese e tedesco. Ma torniamo al nostro viaggio: a fianco della chaiffeuse, una bionda ragazza sui venticinque anni, dai biondissimi capelli tagliati a caschetto e coperti dal berretto a visiera, siede una donna dai capelli bruni, dal volto leggermente paffuto, gli occhi languidi e apparentemente sonnacchiosi ma capaci di diventare in un lampo taglienti e affilati come coltelli: si tratta dell'infermiera altoatesina Rose M. 
Suo compito è consegnare la schiava domestica alle padrone della tenuta segreta sprofondata nel bosco di Lancy. La tenuta, sapientemente occultata alle autorità locali, fa parte di un triangolo segreto il cui vertice fa capo al domaine ubicato nei pressi di Lugano di proprietà di Janine Souillon, mentre il terzo angolo è occupato da una proprietà che sarà svelata, forse, soltanto in un secondo tempo e comunque non in questo resoconto. La schiava non ha più un nome proprio: dal nome fittizio di “Monika”, utile ormai solo come interfaccia pubblico, si è passati a quello di “sguattera sudiciona” , a seguito di un'ulteriore degradazione della sua condizione. Se qualcuno sollevasse il pesante grembiule della schiava, scorgerebbe sotto la divisa un sistema di doppie mutande, una di caucciù e l'altra di cuoio spesso, sovrapposte e chiuse con una cerniera ed un lucchetto in acciaio inossidabile. Queste mutande, a un tempo contenitive e punitive, impediscono alla sudiciona qualsiasi indebita manipolazione delle sue parti genitali e la consegnano, per la soddisfazione di qualsiasi necessità fisiologica, alle volontà delle sue custodi. 

Ma ecco che intanto la Mercedes, passato un complicato sistema di cancelli automatici sorvegliati da telecamere, sta finalmente attraversando un lungo viale alberato, coperto di ghiaia bianca. In fondo al viale si scorge, affogata nel bosco, la tenuta di Anne e Louise: una sorta di cupo e alto maniero color ardesia, pieno di stanze, torri e bovindi, circondato da un ampio parco cintato. La consegna della schiava avviene nel salone principale, in presenza delle due donne, amministratrici delegate di una importante multinazionale di cui ovviamente non si fa cenno in questo racconto. La sguattera sudiciona è stata ceduta per un mese alle due quarantenni, insieme alle chiavi del lucchetto che sigilla il sistema delle doppie mutande contenitive e punitive. E mentre l'austera infermiera altoatesina viene congedata dalle due dame e riaccompagnata alla Mercedes, che la riporterà a Lugano in serata, la nuova mula della tenuta viene portata, sempre incappucciata, in una piccola cella che diventerà la sua residenza: tre metri per due di cemento stillante, incassati in una cantina adiacente a un lago artificiale, occupati da un vecchio materasso, un grande vaso in porcellana per clisteri appeso al soffitto, decorato con un motivo floreale e dotato di un tubo di caucciù e di un enorme ugello in bachelite nera, e una serie di vecchie divise e grembiuli, chiaramente usati, appesi anch'essi a dei ganci pendenti dal soffitto. A fianco del materasso, un grosso secchio di zinco servirà a raccogliere le deiezioni della schiava. 

La sguattera sudiciona viene subito incatenata al materasso a pancia sotto e le viene tolto il cappuccio. - Allons, salope! - una voce chioccia irrompe nella cella: la voce appartiene a Grosse Jeannette, quella che per un mese sarà l'inflessibile custode della sguattera sudiciona. Imponente, la giovane e rubiconda alsaziana veste una divisa da macellaia ed è ricoperta da un grembiule di gomma bianca, al ventre è legata una spessa cintura di cuoio dalla quale pendono vari arnesi di legno e di metallo, su tutti spicca un corto frustino di cuoio da cavallo. 

Gioviale, crudele e rozza, Grosse Jeannette controlla lo stato delle mutande della nuova mula, rovista qua e là, ne preme il ventre, manipola i seni, strizza i capezzoli: infine assesta un potente sculaccione sulla natica destra della schiava. 
Il lucchetto viene aperto, le doppie mutande abbassate sulle cosce, poi tre dita guantate dilatano brutalmente lo sfintere della mula, giusto pochi attimi prima che il grosso ugello di bachelite si faccia strada nel suo immondo retto. Grosse Jeanne spinge il nero godemichet cavo a fondo, senza tanti complimenti. Apre il rubinetto del vaso di porcellana e subito due litri e mezzo di acqua calda mista a sapone e olio d'oliva entrano negli intestini della schiava che spalanca gli occhi per i crampi, mentre conati di vomito le squassano stomaco e budella. Alle contrazioni e ai grotteschi contorcimenti della serva, la custode alsaziana scoppia a ridere: - Ti dovrai abituare, luridona! Qui le mule lavorano solo ben gravide! 

Con un rumore di risucchio, ecco che il vaso di porcellana appare svuotato a dovere. La custode estrae rapidamente l'ugello dal sedere della schiava, ma il grosso oggetto viene immediatamente rimpiazzato da un butt blug gonfiabile che, dilatato da una pompetta, sigilla perfettamente la mula. Una volta controllato che il tappo rimanga bene in sede, le doppie mutande vengono tirate su e chiuse col lucchetto. La sguattera sudiciona sente ribollire e premere nel ventre il liquido caldo, denso e vischioso. La sensazione di nausea non l'abbandona un solo istante.

- In piedi, sudiciona! 
Liberata dalle manette che la tenevano legata prona al materasso, la schiava è ora in piedi. Il ventre tende a dovere il grembiule di gomma: Grosse Jeanne, soddisfatta,  contempla la mula gravida. - Molto bene, sudiciona! E ora, al lavoro!
(1- continua)