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26 novembre 2014

UNA LETTERA DI FRAUJULIA

Gentilissima Madame Janine,
vengo ad esporle un esperimento effettuato su come umiliare la serva.
Conosciamo bene la praticità dell'uso di mutande impermeabili sia associate alla divisa di fatica che di punizione. La serva fa di tutto per conservare le mutande ed il relativo pannolone perfettamente puliti. Ma passato qualche tempo notiamo un rilassamento della serva che non si impegna più come una volta diventando incontinente, evidentemente pensando "tanto ci sono le mutande impermeabili".
Ho così deciso di farmi accompagnare dalla serva in un grande magazzino, dopo averle fatto ingurgitare numerose tazze di tè e caffè (notoriamente diuretici) ed un buon mezzo litro di minerale. Solo che le mutande, anzichè di gomma, erano le solite di cotone della divisa di fatica. L'abbigliamento restante della serva era costituito da una corta tunica con delle belle bragotte aderenti, un abbigliamento più o meno da commessa. Mi sono solo assicurata che la minima macchia di umido risaltasse perfettamente ben scura sullo sfondo blu del tessuto, facendo notare il fatto alla serva.
Ed il risultato è stato entusiasmante: la serva che mi ha seguita per due interminabili ore, spingendo un pesante carrello, ad ogni piccola sosta stringeva disperatamente le cosce cercando di trattenersi.
Devo dire, in suo onore che è riuscita a non bagnarsi fino a casa. Questo fatto non mi è del tutto dispiaciuto, lascia campo libero a successive sperimentazioni.
La ringrazio per la sua attenzione. Sarei lieta se volesse ordinara alla serva sudiciona M. di pubblicare la lettera sul blog. Ovviamente Suoi eventuali suggerimenti sono sempre i benvenuti, come quelli delle altre lettrici.
sua FrauJulia

PENSION BALNEARIA 91 / I LAVORI FORZATI DELLA PERRA


drawing by slave elisabeth mandile © Annika Kapyzska
Nobili Signore, serva sudiciona,
Ci eravamo lasciate con le raggelanti parole della Badessa: “TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre sentenze!”.
Quella maledetta della perra mi ha nuovamente fregato, chissà in che guai mi ha cacciata. Arrabbiatissima la porto a calci, schiaffi e spintoni nella sua cella. Di lì ad una mezz’ora una sorvegliante mi avverte che la Badessa è tornata nel suo studio. Riprendo la perra per un orecchio e, non troppo entusiasta per cosa mi attende, la trascino fino allo studio.
“Ci ho pensato un po’” dice la Badessa, un po’ più rilassata, dopo il bagno, “per te basteranno due dozzine di frustate”, “Quanto a questa vipera, provvederemo domani mattina, vediamo se non la piego. Ho chiamato anche la Signora della Pension Balnearia, mi sembra giusto che anche lei sia messa al corrente dell’inqualificabile comportamento.”. Con queste partole veniamo congedate. Quattro robuste sorveglianti prendono in consegna la perra, quanto a me devo seguire, controvoglia Alejandra per ricevere il mio castigo. Ventiquattro frustate, di quelle buone. Vi assicuro che i miei denti sono penetrati a fondo nella cinghia di cuoio, ripiegata più volte che mi è stata data da mordere. Infatti una futura sorvegliante deve accettare qualsiasi castigo senza discutere e sopportarlo in silenzio. Alla fine ho letteralmente il sedere a quadri, infatti l’esecutrice, anziché insistere sempre sullo stesso punto, e farmi così sanguinare, ha preferito distribuire i colpi uniformemente e giunta a metà li ha incrociati coi precedenti, una vera anima d’artista.
Quanto alla perra, viene riportata in cella, e viene tenuta a digiuno.
La mattina giunge dopo una notte quasi insonne per me, causa i dolori al sedere e per la perra per i morsi della fame.
La sentenza della perra è che dovrà scavare da sola un nuovo pozzo di estrazione della creta. Un lavoro immane, visto che il pozzo dovrà essere rotondo di diametro approssimativo di un paio di metri. Se teniamo conto che la terra è dura e pesante e che occorrerà scendere di 5 o 6 metri, la perra dovrà scavare ininterrottamente per un buon mese. Ben contente le altre scavatrici, che si limiteranno a sollevare la terra scavata con un secchio, legato ad un arganello. All’arrivo della Signora, viene tracciato, sul terreno un bel cerchio. Alla perra vengono consegnati una nuova vanga ed un secchio. Per i primi giorni potrà lavorare da sola, poi quando lo scavo lo richiederà, verrà aiutata da un'altra. Alle caviglie della perra vengono messe due cavigliere, collegate da una catena. Tanto non dovrà poi fare dei grandi viaggi. E, per toglierle la voglia di combinare guai, viene messa a mezza razione di cibo ed acqua. La Badessa fa installare un bianco gazebo, in modo che la sorvegliante stia comoda.
E così la perra, sorvegliata continuamente da una guardiana e “visitata” spesso dalla Badessa e dalla Signora inizia a fare la conoscenza con il Lavoro. E non ne è affatto entusiasta. Vesciche alle mani, dolori muscolari, fame e sete. Già la prima sera, al suono della campanella che segnala la fine delle interminabili ore di lavoro, sviene. Dobbiamo portarla in mensa a braccia e farla rinvenire, altrimenti a furia di saltare i pasti non dura neanche una settimana. Vediamo la perra durante il lavoro, due giorni dopo l’inizio. Lo scavo, in realtà un po’ più largo di 2 metri, è ora profondo 1 metro. Sono stati rimossi più di 3 metri cubi di terreno compatto e duro. La perra deve scavare faticosamente con la vanga ed un piccone la terra, poi riempie il grosso secchio e, dopo esserselo caricato sulle spalle, deve ingegnarsi a salire due rozzi scalini lasciati nella terra. Il materiale di risulta dello scavo viene utilizzato per colmare i dislivelli del terreno all’intero della recinzione dell’Istituto.
La divisa della perra è ormai consumata ma è tale la quantità di terra che la imbeve, che manterrebbe la forma della perra, se mai le fosse permesso di toglierla. Poiché ormai vive solo per lo scavo, non ha bisogno di lavarsi, ormai anche la perra è del colore della terra ed emana un odore terribile. Visto che ha iniziato a lavorare duramente, la Signora ha concesso alla perra razione intera di cibo ed acqua. Le mani della perra cominciano a sviluppare calli duri come il ferro.Se le facciamo togliere per un momento la divisa, vediamo che la pelle è molto arrossata per il continuo sfregare contro la juta sudicia ed umida, anche questo si aggiunge alle fatiche. Ma lo scavo avanza inesorabile e le Signore si accorgono che la perra là in fondo, immersa fino alla caviglia nel fango e nella terra smossa, è un po’ fuori portata, infatti non hanno nessuna voglia di scendere per correggerla. Ed ora alla perra viene ordinato di restare con solo le mutandone punitive, niente divisa di fatica, un bel sollievo per lei, laggiù in fondo allo scavo, in un ambiente umido e caldo. Inoltre le viene imposto un pesante cappuccio di cuoio con lenti di plastica per riparare gli occhi. Perché tutto ciò?
La Signora della Pension Balnearia ne ha ideata un'altra: da un abile artigiano armaiolo ha fatto modificare una di quelle armi giocattolo utilizzate per il soft-air. Dopo le modifiche, quello che sembrava un fucile, ora sembra un bastone. Ma un bastone in grado si sparare pallini ben più duri e pesanti di quelli utilizzati per gioco. E posso assicurarvi che fanno male, ad un mio sorrisetto, vedendo l’oggetto, la Signora mi ha sparato una raffica di pallini sul polpaccio: come se fossero punture di vespa, ma il peggio viene poi, restano dei segni rossi dolorosissimi, che pian piano diventano scuri e ci mettono giorni per scomparire. Ed ora la perra, in fondo al suo pozzo, non ha possibilità di fuga. Ben presto capisce che ha due opzioni: la sottomissione ed obbedienza assoluta, rompendosi … la schiena con i secchi di terra, oppure non le resta che mettersi in posizione fetale, aspettando la dolorosa ed inevitabile raffica di pallini. La perra si mette in questa posizione perchè ha scoperto che i pallini sulle tette fanno molto molto più male che altrove. Un ultima cosa: alla perra non sono concesse risalite per la pausa bagno: i mutandoni punitivi sono stati riempiti con un adeguato pannolone che le è permesso di lavare solo la sera. Lo stesso avviene per il cibo, il pranzo le viene servito gettandole dei pezzi di pane e calando una grossa gamella di sopa molto liquiida, che funge anche da bevanda.
Tale regime sta modificando il fisico della perra: se prima era una donna antipatica ma aggraziata, ora la vediamo sotto al cappuccio: cortissimi capelli brizzolati, appena spuntati, viso dimagrito in cui spiccano i suoi soliti occhi strafottenti e spiritati. Labbra screpolate. Il torace ed il torso nudi rivelano gli stenti e le numerose piccole ecchimosi rivelano dove è stata “picata” dai pallini punitivi. Le tette cascanti. Le spesse mutande punitive, rigonfie di un puzzolente e bagnato pannolone. Le gambe dimagrite, coperte di terra, che almeno qui riesce a mascherare le ecchimosi.
Insomma, la perra sta scendendo la spirale dell’annullamento, ma non è ancora affatto domata. Temo che per lei ci voglia ben altro!
Vostra sorvegliante nadia
(91- continua)

PENSION BALNEARIA 90 / LA PERRA E LA TORRE


Nobili Signore, serva sudiciona,
la vita prosegue e, tra una lezione e l’altra decido di andare a controllare la perra: non sia mai che, affidata ad un'altra sorvegliante, prenda cattive abitudini. Arrivo a metà giornata. Attendo un attimo e vedo arrivare un grande carrello a ruote, carico di piatti. Il caldo, sotto al portico che ripara i forni di cottura, è allucinante. Ma per le serve non esistono versioni “leggere” della divisa di fatica.
Il “saio” marrone, descritto in precedenza, è scolorito e tutto a macchie: si vedono i punti in cui, a contatto della pelle è inzuppato di sudore, altre parti, invece sono state rapidamente asciugate dall’intenso calore dei forni e sono cosparse da impalpabili cristalli bianchi di sale. Ai piedi la perra porta rudimentali e rumorosi zoccoli di legno, gli stessi usati anticamente dai braccianti agricoli. Per ripararsi dal calore irradiato dal forno, la perra deve indossare due paia di grembiuli: uno di spessa gomma ed uno luccicante ch sembra di domo pack, all’esterno. Le lunghe maniche del saio riparano gli avambracci e uno spesso paio di lunghi guanti da lavoro di cuoio impedisce che le mani si brucino. I capelli della perra sono ricoperti e riparati da un fazzolettone dello stesso materiale del saio, che le copre testa e collo e che, quando si avvicina al forno, viene tirato anche a coprire la faccia, un po’ come il copricapo delle tribù del sahara. La perra, ancora dolorante per il parto, muove il carrello con grande circospezione, memore del disastro combinato. Una volta portato al suo posto il carrello, mi avvicino e scambio qualche parola con la sorvegliante e chiedo come passi la giornata la perra. Sveglia, come per tutte le altre detenute alle 6. Le detenute debbono lasciare i propri giacigli in perfetto ordine (non per niente questa Istituzione ha un lontano passato di convento di punizione di un ordine monastico militare). Alle 6.30 tutte le detenute devono essere pronte, una piccola squadra sull’attenti di fronte alla Sorvegliante capo. Contemporaneamente due sorveglianti verificano che i giacigli siano stati lasciati in ordine e perquisiscono rapidamente le spoglie celle. Al termine di questa ispezione il primo pasto della giornata: del tè, talmente lungo da poter essere definito acqua calda sporca, ovviamente niente zucchero. Un pezzo di pane secco da inzuppare nel liquido. Alle 6.45 le detenute devono raggiungere i propri posti di lavoro dove, nel frattempo, dopo una abbondante colazione, arrivano le sorveglianti. Ma veniamo alla perra, come primo lavoro della giornata le tocca quello di aiutante fuochista. Infatti assieme ad un'altra detenuta, la fuochista, accende l’enorme forno a carbone, che dovrà bruciare per un ora prima di essere caldo a sufficienza per poter cuocere i piatti. Ma l’ora non passa inoperosa, due grossi mantici, azionati con un sistema di leve, devono ininterrottamente soffiare aria, per scaldare la fornace. Il lavoro dei mantici, in aggiunta allo spalare il carbone, occuperà poi per tutta la giornata la detenuta fuochista. Un lavoro abbastanza pesante. Come pesante è il lavoro delle due schiave addette allo scavo della compatta e pesantissima argilla. Molto meno pesante è la “formatura” degli oggetti, lavoro che però richiede doti artigianali non comuni e che, comunque, è svolto da vecchie schiave che in anni di espiazione hanno meritato questo privilegio. Ma veniamo a quello che la perra, nella sua dabbenaggine ha creduto un “lavoretto”. Riceve gli oggetti di terracotta, ancora relativamente teneri, appoggiati su lunghe assi. Deve sollevare le assi ed infilarle su appositi alloggiamenti nella parte bassa del forno. Poi, a metà cottura, deve riaprire il forno e spostare gli oggetti nella parte alta. Appunto, la perra non aveva tenuto conto di questo fatto, il calore del forno, unito al riverbero dei piatti, rende necessario l’abbigliamento protettivo che ha però la particolarità di far sudare moltissimo e poichè la juta bagnata di sudore prude in maniera infernale più che di un abbigliamento protettivo potremmo parlare di un abbigliamento penitenziale. Una volta ogni ora alla perra viene concessa una brocca da mezzo litro di acqua. Deve berla tutta d’un fiato, di fronte alla sorvegliante. Dato il gran sudare non ha gran bisogno di orinare, buon per lei perché sono previste solo tre pause bagno, mattina, mezzodì e sera. Altri permessi non vengono concessi e le detenute sono costrette a pisciarsi addosso mentre lavorano. Da qui il pessimo odore che le circonda. Ma questo è anche un istituto modello, tutte le sere le detenute devono evacuare, con l’aiuto di un buon clistere saponato da 3 litri, ritenuto per una buona mezz’ora. Ogni due giorni, alla sera, le detenute subiscono il “lavaggio”. Una sorvegliante impugna un tubo di acqua, dotato di un potente getto. Le detenute avanzano fino ad una piattaforma di cemento e si devono mettere nella posizione dell’Uomo di Vitruvio. Il getto, sapientemente diretto lava loro e le divise dalla testa ai piedi. Particolare attenzione viene posta all’igiene intima, la detenuta deve rialzare il saio punitivo, in modo da mettere i mostra le mutande. La sorvegliante fa una prima passata “esterna” con il getto, poi tira un po’ la cintura ed infila la punta da cui parte il getto. L’operazione viene ripetuta più volte davanti e dietro. Una volta lavate le detenute restano per un quarto d’ora a rabbrividire e sgocciolare, visto che il lavaggio viene eseguito in tutte le stagioni. Avevamo visto la prima colazione delle detenute, vediamo il resto. A mezza giornata, anzi, alle ore 14, le detenute hanno una pausa totale di 30 minuti, in cui possono utilizzare il bagno, di cui parleremo diffusamente in seguito, e possono consumare un pasto, questa volta di zuppa un po’ più nutriente, visto che nell’acqua sono state cotte per lunghe ore le ossa scartate da una vicina macelleria. Nel pentolone di zuppa vengono anche rotte alcune uova, ed aggiunto sale, peperoncino, aglio, olio e molto pane secco. Il tutto cotto per ore e rimescolato a lungo, da la “sopa bopa”, una nutriente zuppa che ha nutrito generazioni di braccianti. Dopo una giornata di lavoro che si protrae fino alle 20 in inverno ed alle 21 in estate, le detenute possono consumare il pasto serale. Alla sera, però è bene tenere leggere le detenute, se non hanno ricevuto punizioni, il che automaticamente comporta il digiuno serale, le detenute ricevono una scodella di “sopa magra”, su cui mi sono già dilungata. Nei giorni di “lavaggio” è tradizione di dare la sopa magra ben calda ed in doppia razione, per compensare il freddo patito dalle detenute nei loro abiti zuppi.
Ma parliamo del WC per le detenute, in una istituzione spartana come questa i WC sono collettivi, una casetta di cemento con 4 “inodoro turco”, nessuna separazione tra i vari “posti”. E dopo l’uso le detenute devono lavare a secchiate di acqua la toilette. Come carta igienica sono a disposizione fogli di giornale attaccati ad un chiodo.
Mentre parlo con la Sorvegliante guardo la perra lavorare, e mi accorgo che sul carrello trasportato mancano qua e là dei piatti. Indago un po’ e scopro che la furbona, per evitare le nerbate dovutele per ogni piatto rotto, ha fatto la pensata di buttare i piatti rotti nel forno.
Intimamente contenta di aver nuovamente individuata la furbetta, segnalo prontamente, come mio preciso dovere, la cosa alla Sorvegliante di turno ed alla Badessa. Quest’ultima, mi incarica di ideare ed eseguire la punizione per la perra. Chiedo di poter riflettere un attimo, la perra, invecchiata e dimagrita , ha ricevuto innumerevoli nerbate ma se la si guarda dritta negli occhi si intuisce ancora un non so che di sfida, le nerbate servono solo a trasformarle la pelle del culo in cuoio…….
Poi penso alla prima punizione a cui ho qui assistito qui all’Istituto: la torre. Illustro la mia idea alla Badessa, incontro la sua approvazione ma, mi dice, sei tu la responsabile della preparazione e della esecuzione della punizione. Sarà come una specie di “trabajo de clase”.
Spiego cosa ho pensato di organizzare: la punizione della torre mi è sembrata interessante, legare la perra con la testa nella vaschetta sarebbe un mio desiderio. Però ricordo bene che, data l’idratazione forzata, quello che la serva alla gogna “passava” alla serva sottostante, più che pipì pareva acqua. E così ho proposto di mettere neòl piano superiore uno sgabello la cui seduta è sostituita da una bella tradizionale asse da WC. Così le detenute, alla mattina quando la pipì è più concentrata, potranno per una volta pisciare comodamente. Detto fatto, recupero da un bagno in disuso l’asse e con qualche chiodo ben messo realizzo il manufatto. Al mattino successivo, ben prima della sveglia, faccio alzare la perra e la trascino, ben ammanettata, fino al di sotto della “torre”. Rinchiudo caviglie e polsi nelle relative assi della gogna e lascio la perra a meditare su cosa la aspetta, con la testa appoggiata all’interno della maleodorante vaschetta ancora vuota. Ben presto arrivano le prime detenute per fare pipì, sorveglio attenta l’operazione, spostando mano a mano, con pazienza, la posizione dell’asse, in modo che i caldi e maleodoranti getti, non solo riempiano la vaschetta ma colpiscano la perra in faccia. Infatti è costretta a stare con occhi e bocca ben chiusi. Il livello del liquido sale inesorabile, la perra si sforza di tenere sollevata il più possibile la testa, cercando di sottrarsi al suo castigo. Allora tolgo la cinta di cuoio della mia divisa e la allaccio, in modo da limitarle i movimenti della testa. Il liquido avanza inesorabile e ben presto arriva alle labbra. Ma la perra è un osso duro, ha le vene del collo e della fronte gonfie per lo sforzo e riesce ancora per alcuni minuti a respirare liberamente. Ma alla fine deve cedere. La testa sprofonda nel liquido e dalla bocca escono bolle d’aria, mentre il collo mostra rapide deglutizioni. Poiché intendo far durare il più possibile la punizione, regolo attentamente il numero di detenute in coda al perra-WC, voglio che la perra abbia modo di assaporare a fondo ….. l’elisir, con pause in cuoi riprende fiato, non voglio che sia semi-svenuta, perdendosi così l’aroma.
Come promesso la Badessa viene a verificare il mio …. compito in classe. Apprezza sia la comodità dell’asse che la cinghia che rende difficile il sottrarsi in qualche modo alla punizione. Passa una buona mezz’ora. Ormai lo stomaco della perra comincia ad apparire gonfio, dopo che sette detenute hanno vuotato la vescica. Una larga chiazza di umido macchia il saio della perra all’altezza dell’inguine, questa incontinente si è pisciata nuovamente addosso. Altre tre detenute pisciano ed è ora di terminare la punizione. Seguita dalla Badessa mi reco sotto alla Torre per rimettere in piedi la perra. Pare veramente provata, con capelli maleodoranti e schiumosi incollati alla testa, pare un gatto cvaduto in uno stagno. E qui accade un guaio, un grosso guaio. La maledetta, ne ha architettata un'altra. Presa dalla rimozione della cinghia e della gogne, non mi accorgo che la perra tiene chiusa la bocca ed ha le gote gonfie. La rimetto in piedi e, la osservo. E la perra dà seguito al suo criminoso piano: ha tenuto in bocca una bella quantità di orina, riuscendo a respirare col naso. Come sono di fronte al lei me la sputa, anzi, per meglio dire, me la spruzza in faccia. Ma la cretina non ha fatto i conti con la mia gioventù di “ragazza di strada”, intuisco qualcosa e mi abbasso prontamente, solo una piccola parte del getto mi colpisce, la maggior parte colpisce la Badessa!
Sono raggelata, prontamente prendo un fazzoletto, non troppo di bucato, aihmè, e faccio il gesto di asciugare la Badessa. Questa è inviperita, mi punta contro l’indice e mi dice: TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre sentenze!
Vostra indegna sorvegliante Nadia 
(90- continua)

6 novembre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 7

Diario di una educazione – 7
E’ tornata un po’ di pace e regolarità nella vita della sguattera. I giorni si succedono indistinguibili, scanditi dal lavoro, pasti ed ora d’aria. Chi si annoia di più è la Oberschwester. Ora di provocare una nuova stitichezza indotta alla serva. Ad Elize piace variare i suoi metodi, stavolta vuol vedere cosa succede se la serva riduce, colpevolmente la propria idratazione. Ed in che modo ottenere il risultato? Basta costringere la serva a trattenere la pipì per tempi lunghissimi. La sguattera, ubbidiente beve le sue quattro bottigliette di acqua al giorno, va da sé che dopo un buon mezzo litro d’acqua, di lì a un tempo che va da mezz’ora ad un ora, la serva abbia bisogno della pausa bagno. Ma la Oberschwester si diverte a dilazionarla: “devi prima pulire il salone”, “l’hai fatta da poco, ora aspetti”, “no adesso finisci il bucato, non mi interessa se chinandoti e tenendo le mani a bagno ti scappa ancora di più”. Ed ogni volta, per buona misura aggiunge: “e non provarti a fartela addosso, se non vuoi che ti metta un bel catetere XXL”.
La serva così tartassata, beve sempre meno. Le va bene per qualche giorno, tutto continua regolarmente, ma ben presto, sulle lavagnette della Oberschwester tornano ad apparire gli zeri!
La serva è combattuta tra la paura e la curiosità, chissà cosa le faranno, che brividi, che sonda useranno?
Ma la sguattera si sbaglia, viene convocata nello studio di Madame. Viene fatta inginocchiare, Madame la sovrasta, con una faccia burrascosa. “hai qualcosa da confessarmi?” esordisce. La sguattera avvampa, poi, con una certa faccia tosta nega. Madame, allora si siede e prende il proprio tablet. La serva deve, ginocchioni raggiungerla. Madame le dice “vorrei mostrarti che bel filmato ho trovato nelle registrazioni delle telecamere di sorveglianza”, la sguattera avvampa, possibile che abbiano messo telecamere dappertutto? E la cosa è vera, i filmati mostrano in HD i movimenti della serva, le occhiate furtive per controllare di essere sola, l’apertura del pacco, la curiosità ed infine le curiose manipolazioni della sonda e le strizzate di cosce, che alla fine culminano in un chiaro orgasmo. La serva pare una statua di sale, la paura le blocca il cervello, una sola angosciosa domanda: “e adesso?”.
Madame gioca come il gatto con il topo, si accende una sigaretta e fuma lentissimamente, soffiando il fumo in faccia ala sguattera, sempre in ginocchio. Finita la sigaretta Madame ha preso una decisione: “e così ti eccita il clistere? Avrai modo di divertirti, tra un pò con qualche bel clistere punitivo. Ma per oggi voglio punirti per aver goduto senza permesso e allo stesso tempo rimetterti in moto l’intestino, no, niente clistere, fammi pensare……. cosa aveva proposto la Oberschwester il rizi …. rizi …. rizi”. Prontamente la Oberschwester completa il nome “Madame, il Rizinol, qui lo chiamano olio di ricino…… oppure potrei anche rispettosamente suggerire l’Epsomsalz.”
A Madame il nome piace, la Oberschwester traduce il nome in italiano, a beneficio della sguattera: il Sale Inglese detto anche Sale Amaro.
Madame telefona alla Farmacista, ma sfortunatamente questa non può venire, comunque approva incondizionatamente l’uso del sale Amaro, vedrà che effetto, dice a Madame.
E così la serva, deve andare a prendere il vaso da notte, poi viene mandata a scaldare un buon mezzo litro d’acqua. Nel bicchierone finisce l’acqua calda, seguita dai cristalli di una intera busta di purgante. I cristalli si dissolvono prontamente. Madame immerge il ditino e assaggia, “Ma è amarissimo, che schifo! E’ il suo incoraggiamento.”
E la serva deve rimettersi in ginocchio. “Stavolta devi bere un piccolo sorso alla volta, tienilo in bocca a lungo” ordina Madame.
Al primo sorso la serva scopre che il purgante è incredibilmente amaro. Essere poi costrette a tenerlo a lungo in bocca, facendolo ben girare in bocca, pone ancora di più il liquido in contatto con i recettori dell’amaro”. La sguattera fa una faccia orripilata, ma Madame incalza: “mia cara ma non sei mai contenta, la purga dolce della volta scorsa non ti piaceva, adesso non ti lamenterai pure di quella amara?”.
La Oberschwester rincalza la dose minacciando la sguattera che se si azzarda a vomitare la costringerà a bere un bicchiere di orina al giorno per una settimana. E così, di sorsetto in sorsetto, la sguattera beve, tra brividi e suppliche, tutto il bicchierone di purga. Viene poi messa a ripulire minuziosamente il pavimento dello studio, Madame infatti vuole sorvegliare gli effetti della purga. La serva deve bere un ulteriore litro di acqua pura nella mezz’ora successiva. Dover bere così in fretta è di per sé una punizione. Ma ben presto gli effetti della potente purga si fanno sentire, la pancia della sguattera inizia a brontolare. La punita, sia pur continuando a lavorare, si ferma a tratti, con le mani sul ventre preda di atroci crampi, Il lavoro continua, fino a che la serva ad un certo punto salta su come spiritata, “Madame, devo ….. devo……. la prego …… SUBITO”. Madame non ha cuore di trattenerla, inoltre non vuole assistere allo scempio del proprio pavimento. La serva pare impazzita, si alza, si abbassa le mutande e si fionda sul vaso da notte. I rumori sono degni di un temporale estivo: diciamo tuoni e scrosci in abbondanza. I crampi durano a lungo, la sofferenza appare chiaramente sul viso sbattuto della serva. Madame, per comprensibili ragioni, si fuma nel frattempo un ulteriore sigaretta. Ed al termine, la serva viene spedita a pulire il vaso e farsi un bidè. Tornando pensa che sia finita, ma Madame le ricorda: “mia cara, sappi che la prossima che combini ti attende un bel clistere punitivo, uno di quelli memorabili, di quelli che Schwester Elize amava praticare alle pazienti della clinica. Vedrai che ai tempi nella DDR non si scherzava affatto!
E la sguattera viene congedata. Vi assicuro che l’eccitazione e la curiosità per gli oggetti del famoso pacco è, per il momento, sparita completamente. Ma diamo tempo un paio di giorni alla porcella e credo provocherà la nuova punizione.
(7- continua)

20 ottobre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 6


Diario di una educazione – 6
Eravamo rimasti con la nostra sguattera nuovamente sofferente di stitichezza, indotta dalla timidezza di scaricarsi davanti alla Oberschwester. La sguattera, cerca di procrastinare promettendo che forse oggi avverrà il miracolo, una sottile eccitazione, al pensiero del contenuto del famoso scatolone. Ma Elize ha raggiunto scopo di intimidire e causare un nuovo blocco alla sguattera. Telefona a Madame e di seguito chiama anche la Farmacista. La cerca di giustificarsi con la frase: “non lo faccio apposta, mi vergogno ad usare il vasetto!”. Inutile dire che si becca una nuova sculacciata. Madame è stata chiara, le cure del caso dovranno assolutamente venire praticate in serata, al di fuori dell’orario di servizio. Ed infatti la serva, rientrando, come sempre sorvegliata dalla Oberschwester, troverà ad attenderle la Signora e la Farmacista. Alla sguattera, ancora in divisa da lavoro, viene ordinato di indossare un grembiule di gomma che viene fortemente stretto sul ventre, come se non bastasse le fanno indossare anche i lunghi guanti verdi da lavoro. Deve poi inginocchiarsi di fronte al vaso da notte. Alla vista dell’oggetto avvampa involontariamente, provocando le risatine delle presenti. La Farmacista non ha perso tempo, dal famoso pacco estrae varie scatole di medicinali. Una gigantesca brocca graduata viene riempita d’acqua. Si vede che la donna fa un certo sforzo per sostenerla, la sguattera allibisce niente apparecchi da clistere in vista, che vogliono fare con tutta quell’acqua? Nel frattempo nell’acqua finiscono numerose grandi buste di polvere. La Farmacista rimesta il tutto con un cucchiaio, la polverina si scioglie frizzando leggermente e spargendo un vago odore di agrumi. La sguattera attende, sempre più preoccupata. Intanto la Farmacista sta illustrando la propria soluzione alle altre due: questo nuovo purgante è efficacissimo, ne devono essere somministrati almeno quattro litri. Devono essere bevuti, in quattro ore, il che vuol dire un bicchierone da ¼ di litro, possibilmente tutto d’un fiato, ogni quindici minuti. Se però c’è fretta, ed è questo il nostro caso, non vogliamo perdere troppo tempo per una purga, si può accelerare la somministrazione arrivando anche alle due ore, un bicchierone ogni 7 minuti.
La serva, decisamente riottosa, non pare voler ubbidire, fa no con la testa. Le Signore, per blandirla assaggiano, o almeno fanno finta di assaggiare il liquido.
La Farmacista è la prima ad immergere un dito nella brocca, per provare il sapore della soluzione, Madame pure lei, con fare schifato, e non trattiene una smorfia, è dolce ed ha l’aroma di agrumi ma è …. un po’ strano e salato. La Oberschwester assaggia senza problemi, precisa però che a suo parere è solo uno spreco di tempo e denaro, vuoi mettere il tradizionale “Rizinöl”?
Madame risponde che ci saranno tempo ed occasioni a bizzeffe in futuro, anche per quello.
La brocca viene messa sul pavimento di fronte alla sguattera, le viene messo in mano un gigantesco mug di plastica, su cui la Farmacista ha segnato col pennarello il livello di riempimento. Le tre donne si siedono, comode, sul divano di fronte alla sguattera, Madame si è messa a portata di mano lo scudiscio, un sempre ottimo “mezzo di persuasione”. La farmacista la avverte: “sguattera non pensare neanche di vomitare, ogni volta che vomiti aggiungerò un litro di acqua, c’è una seconda scatola di purgante proprio per questo scopo”. E’ la Oberchwester che si incarica di controllare gli orari di somministrazione, col suo orologio militare, ex-DDR, fornito pure di cronometro. La sguattera deve alzare, con grande sforzo la brocca e riempire fino al segno il bicchiere. La Oberschwester fa un conteggio alla rovescia e ordina “bevi!” la sguattera resta bloccata, non riesce a forzarsi all’obbedienza, anzi, per enfatizzare il suo rifiuto si tappa la bocca con le due mani. La Farmacista salta su inviperita, questa stupida non ha capito che qui si fa sul serio! Dalla borsetta viene estratto prontamente un involto, di quelli sterili. La Farmacista lo mostra alla sguattera: la vedi questa? E’una sonda per la lavanda gastrica, vedi l’imbuto? La si caccia giù per la bocca e arriva fino allo stomaco. Poi si versa la purga nell’imbuto. Hai mai fatto una gastroscopia? La Farmacista tocca uno dei terrori della sguattera, anni prima le è stata fatta una gastroscopia, ricorda ancora le due iniezioni di barbiturici e nonostante quelle, due robuste infermiere hanno dovuto legarla al lettino con robuste cinghie, per tenerla ferma, le sono restati i lividi per una settimana. La sguattera aveva rimosso la sensazione di soffocamento, la tosse disperata e una nausea tale da parerle che i conati le rivoltassero lo stomaco da dentro a fuori, mentre il medico spingeva su e giù per la gola e lo stomaco, quello che, nel delirio dei barbiturici, le pareva un lunghissimo, infinito, pene. Anche se le manca la voce per rispondere la faccia che fa parla chiaro, la sguattera ha recepito il messaggio. “Vedrete che adesso fa la brava” dice la Farmacista alle altre due. Infatti la serva inizia subito ad ingurgitare il beverone. La capacità del mug è tale che per la serva è impossibile bere tutto in una volta, si interrompe per prendere fiato e il gusto dolce, salato, mandarino uniti ad un forte inconfondibile retrogusto di medicinale, invadono le sue papille gustative. La serva sbianca, inizia a lacrimare e le viene un conato, afferra il vaso da notte e restituisce il liquido appena bevuto. Nessuna mano le regge la fronte, anzi la Farmacista, come promesso, aggiunge un litro di beverone. Ora la sguattera ha capito che si fa sul serio. Ed infatti la sguattera inghiotte, inghiotte, inghiotte, anche quando non sta bevendo, è l’unico modo per tenere giù il beverone. Le pare che stiano facendole un clistere … per bocca, lo stomaco a tratti si contrae cercando di espellere il liquido, contrastato dai disperati sforzi della serva. I minuti passano con lentezza, scanditi dai conteggi alla rovescia della Oberschwester e dai rumori di sforzi deglutitori della sguattera. Lo stomaco e la pancia iniziano a gonfiarsi, contrastati dallo stretto grembiule, aumentando il senso di oppressione della poveretta. La divisa di fatica si inzuppa pian piano di sudore, si può sentirne chiaramente la puzza. Alla serva iniziano forti dolori di pancia, la Farmacista se li aspettava, infatti il “bugiardino” del purgante li elenca tra gli effetti collaterali delle somministrazioni veloci soprattutto per le stiticone. E’colpa della sguattera che non rilassa il pancione, accusa la Farmacista. Madame concede una pausa di dieci minuti, mentre si gusta una delle sue ricercate sigarette, osservando la serva affranta che viene obbligata a camminare per la stanza nel tentativo di farle rilassare il pancione, ma senza risultati, la pancia, sempre più gonfia, duole sempre. La Farmacista insiste, bisogna che la sguattera si rilassi, volente o nolente. La Oberschwester si avvicina alla Signora e le parla brevemente in tedesco, Madame alza le spalle e risponde, “provveda, dopotutto siamo tra donne!”. La Oberschwester slaccia il grembiule ed abbassa le mutande zuppe di sudore della sguattera, massaggia brevemente il pancione dolorante ed infilando una mano tra le cosce, sibila all’orecchio della sguattera “ fai che non ti trovi mai con le dita qui sotto o te le spezzo!”, iniziando poi a massaggiare la patata della sguattera. Niente di voluttuoso, movimenti precisi e a tempo, parrebbe quasi di sentire il tempo “ein – zwei – drei - vier”. Ben presto la serva raggiunge un rapido orgasmo. Grazie al rilassamento che segue l’orgasmo forzato, il pancione emette dei forti gorgoglii ed i dolori si calmano. La serva può così continuare a bere l’interminabile purga. Giunta al terzo litro la sguattera inizia ad avere un forte bisogno di usare il bagno, la Signora le indica il vaso da notte: “mia cara devi superare i tuoi futili pudori, devi usare questo!”.
La sguattera ha talmente bisogno che stavolta non bada agli scrosci, ai peti ed ai tonfi, né alle tre spettatrici, comodamente sistemate sul divano, neanche stessero guardando la televisione! La serva riprende a bere ma vomita nuovamente, lancia uno sguardo supplicante, ma la Farmacista è inflessibile, aggiunge un altro litro, “la purga è da finire fino all’ultima goccia!”. E presto per la serva un ulteriore umiliazione, deve andare a svuotare il vaso da notte, ornai colmo in un grande secchio, da svuotare in seguito nella fogna del garage, con la raccomandazione di non spargere neanche una goccia di quello schifo! Tornata si troverà a lungo nella condizione di ingurgitare liquido da sopra e di restituirne da sotto, praticamente un corto-circuito!
La nauseante procedura dura ancora molto a lungo, la serva è esausta fatica a tenersi eretta. Finalmente il supplizio finisce e i dolori di pancia pian piano terminano. La serva rabbrividisce, Madame, magnanima, le ordina di vuotare e lavare il vaso da notte, poi concede una provvida doccia ben calda. Al ritorno la serva sente le Signore che chiacchierano rilassate: “tutto sommato queste, sia pur efficaci,moderne purghe sono una grossa perdita di tempo, tre ore di lavoro perse, alla prossima crisi di stitichezza utilizzeremo i collaudati ed efficaci metodi tradizionali. La sguattera rabbrividisce, per il momento ne ha avuto più che a sufficienza!
L’indomani racconterà, quasi come fosse una martire, l’orrore per la purga ricevuta, esagerando pure sulle sofferenze patite, “mie care, sapeste che vuol dire bere sei litri di purga, non ho mai provato un dolore così forte, mi pareva di morire con quel pancione gonfio come un otre, e poi quei dolori di pancia che parevano non finire mai…..”.
(6- continua)

PENSION BALNEARIA 89 / PRIVAZIONE E SOVRABBONDANZA


Nobili Signore, serva sudiciona,
nel prosieguo del nostro corso di Sorveglianti ci vengono presentati due efficacissimi metodi di afflizione delle detenute: la privazione e la sovrabbondanza.
La perra, ormai segnata come cavia preferita, deve, suo malgrado subire ancora. Tenete conto che è il giorno successivo al parto. Finalmente lo sconvolgimento intestinale dato dal contemporaneo impiego di purgante e clistere, si è calmato. La perra ha ora semplicemente fame, una fame da lupi. Ma il destino ha voluto che oggi le tocchi la privazione. Le viene imposto un bavaglio, costituito da una pallina elastica, che mantiene aperta la bocca, impedendo qualsiasi tentativo di alimentarsi e facendola sbavare. La perra farà oggi un turno in cucina. Il suo compito è quello di pelare le poche patate ed i pochi vegetali concessi alle detenute. Il tutto finemente sminuzzato, verrà messo in un paio di secchi di acqua in cui verranno sciolti anche alcuni pani secchi. La preparazione viene fatta bollire per interminabili ore ed alla fine dà la famosa “sopa magra”, il piatto principale dei locali istituti di correzione.
La perra, sbavando per il bavaglio e per la vista del cibo, non può neanche bere un sorso d’acqua. Ed il turno in cucina dura per un intero giorno!
Come vi ho già accennato, il saio penitenziale, mortifica alquanto la pelle della perra. Ad un certo punto, credendo di non essere vista, infila una mano sotto al saio, cercando di calmare in qualche modo il prurito.
Ma la sordida operazione della detenuta non è sfuggita alla Capo-Cuoca: non sia mai che una sguattera manipoli le proprie vergogne mentre è di servizio in cucina! E così la perra viene portata in un ripostiglio, le viene rialzato il saio e “CIAK, CIAK, CIAK”, pensavate che i molteplici strati di juta, uniti alle mutande impermeabili rendessero difficile sculacciarla? Niente è difficile per una Capo_Cuoca munita del suo fedele cucchiaio di legno. La perra riceve così due dozzine di colpi di cucchiaio sulle natiche e, per buona misura, anche quattro terribili colpi per mano.
Ma la privazione non termina qui, la sopa magra, dopotutto non è così appetitosa. La perra però, si vede passare sotto gli occhi le vivande destinate alla Badessa , alle Sorveglianti ed a noi allieve.
Il tormento dura una buona ora. Ma adesso la perra deve trasformarsi in sguattera lavapiatti. Senza il bavaglio avrebbe almeno la possibilità teorica, se la Capo_Cuoca si distrae, di prelevare qualcosa dai capaci piatti di portata, con parecchi avanzi o di almeno limitarsi a leccare qualche delizia dai piatti sporchi. Ma la privazione è così, niente le viene concesso. E ben presto, dato il continuo sbavare, indotto dal bavaglio, per la perra inizia il tormento della sete. Sapete che si di sete si muore in tre-quattro giorni, mentre alla fame si può resistere per settimane? Bene la perra ha sete, una sete incredibile, e deve tenere le mani nell’acqua per lavare pile impressionanti di piatti. Questo aumenta ancora di più la sua terribile arsura.
Ma arriviamo all’ultima delle privazioni: la Capo-Cuoca è stata chiarissima, dopo avere controllato lo stato delle mutande della perra prima che questa iniziasse il servizio: “nella mia Cucina a nessuna sguattera è permesso di pisciarsi addosso. Pertanto la tieni, finché non ti darò io il permesso.” Fortunatamente per la perra, non potendo bere la vescica si riempie ad un ritmo più lento. Verso sera però, vediamo la nostra perra, lavare i piatti utilizzati per la cena. Doveri immergere per un ora le mani nell’acqua le stimola la vescica. La perra è costretta a lavorare tenendo le cosce ermeticamente serrate e facendo strani movimenti per resistere ai fiotto di orina che preme sul suo sfintere. E finalmente anche per la perra termina il servizio. Buon per lei che riesce a uscire dalla cucina, prima che si aprano le …. cateratte ed un rivolo caldo e maleodorante, sfuggito alle doppie mutande, riveli a tutte che la perra si è pisciata addosso. Ovviamente viene sorpresa i n quello stato e la punizione per questo è che la perra deve asciugare il laghetto fatto sul pavimento del corridoio utilizzando le proprie mutande di juta e il proprio saio penitenziale. Gli indumenti zuppi le verranno fatti tenere tutta la notte, in modo che si asciughino lentamente con il calore del corpo, aumentando il puzzo che ormai la accompagna e moltiplicando ancora di più il terribile prurito che le impedisce anche di dormire.
Ed il giorno successivo è il giorno della sovrabbondanza. La perra è ancora di servizio in cucina. La Capo_Cuoca, istruita dalla Badessa, permette finalmente alla perra di mangiare. Una, due, tre scodelle di sopa magra molto molto molto diluita. Ben presto lo stomanco della perra è pieno, ma bisogna lavare i piatti ed alla fine la Capo_Cuoca , indicando la sciacquatura in cui nuotano molti rifiuti, le ingiunge di mangiare pure quella. E così la perra, armata della sua scodella e del suo cucchiaio di stagno, deve consumare lo stomachevole pasto. Ben presto lo stomaco si ribella e la perra vomita. Ma il lavello è ancora pieno fino a metà e la perra deve ricominciare a mangiare controvoglia una scodella di sciacquatura dietro l’altra, inframmezzate da nausee, vomitini e sculacciate date di santa ragione con il cucchiaio di legno..
La morale di tutto questo, ci dice l’istruttrice, è che l’alternanza intelligente di privazioni, percosse e sovrabbondanza, può aver ragione anche delle criminali più incallite
Vostra umile sorvegliante Nadia. 
(89- continua)

14 ottobre 2014

PENSION BALNEARIA 88 / IL PARTO DELLA PERRA


Nobili Signore, serva sudiciona,
ho dormito male, la notte, mi chiedevo della perra, riuscirà a mettersi nei guai? All’inizio della lezione del giorno dopo ho la conferma, la perra è proprio nei guai: è riuscita a rovesciare e rompere una intera infornata di piatti. Ora, se tenete conto che per un piatto rotto una detenuta riceve una mezza dozzina di nerbate, di quelle buone, immaginiamoci quale potrebbe essere l’effetto di molte centinaia di nerbate. La Badessa, questo è il titolo della Direttrice di questo istituto, commuta la pena della perra in un molto più compassionevole “parto completo”.
Abbiamo così modo di vedere di persona l’applicazione di questo castigo. La perra, soprannominata ora “embarazada” viene fatta entrare nell’aula.
L’antico portamento insolente è ormai quasi completamente cancellato.
Vi descrivo la sua figura. Indossa un “saio di penitenza” di un tessuto di spessa juta marrone. Se le togliessimo, per un istante il saio vedremmo, al di sotto, una robusta mutanda, sempre di un doppio o triplo strato di juta. Ancora al di sotto una robusta e spessa mutanda di gomma completa il corredo.
Viene utilizzato di questo tessuto poiché non costa nulla, viene donato da un grossista di caffè che, altrimenti, non saprebbe dove smaltire i sacchi vuoti. Alcune detenute, abili sarte, preparano il saio e le mutande per le novizie. Poiché il tessuto è per sua natura abbastanza ruvido, in particolare se bagnato, nei momenti liberi, si vedono le detenute cercare di tenere i luridi tessuti sollevati dalla pelle, nella vana speranza di riuscire a farli asciugare e diminuire così il terribile prurito che, diffuso su tutto il corpo, le porta quasi alla follia.
Ma veniamo alla punizione: due sorveglianti portano l’inginocchiatoio di fronte alla classe. La perra viene obbligata ad inginocchiarsi. La Badessa in persona presenzia al castigo. Una sorvegliante porta una bottiglia di liquido giallastro. Ne viene versato un bicchiere in una ciotola per cani e la perra deve lapparlo da lì. Dalle smorfie capisco che si tratta di olio di ricino.
Le viene ingiunto di non vomitare per alcun motivo, ci mette buoni 15 minuti prima che la ciotola sia perfettamente ripulita. A seguire viene obbligata a bere alcuni bicchieroni di acqua calda, la Badessa la invita a berne il più possibile, le verranno defalcati dai clisteri successivi.
Mentre la perra ingurgita il suo buon litro di acqua calda, Alejandra ci mostra “el muñeco”, non si tratta di una bambola, bensì di un ingegnoso plug, costituito da uno spesso “preservativo” di gomma, gonfiabile, al cui interno sono poste numerose lamine sagomate di acciaio mosse da una ingegnoso sistema di leve, comandate da una manopola. “El muñeco”, tramite un condotto collegato ad un tubo, è una impressionante cannula per clistere. La manopola permette di muovere le lamelle, permettendo al muñeco di passare dalla forma di una piccola pera, alla forma di un fungo, di diametro all’incirca di un grosso pugno. La gomma esterna segue la forma imposta dalle lamelle, inoltre un ulteriore tubicino collegato ad una pompetta permette di gonfiare il preservativo esterno, in modo da arrotondare un po’ la forma.
“El muñeco”, fu inventato da un ingegnoso chirurgo. Vediamone il funzionamento: con la manopola di comando in posizione 0 la forma è di una piccola pera, l’aggeggio viene leggermente lubrificato ed inserito nell’ano della “embarazada”. L’”embarazada” sa che fino a che dura la sua collaborazione riuscirà a ritardare la fase successiva. Nella fase successiva la manopola viene lentamente girata, facendo assumere al muñeco la forma di un fungo, in cui il gambo è la cannula che esce dall’ano. Il bordo della “cappella” del fungo, della dimensione di un pugno, preme all’interno, sigillando perfettamente. Data la forma è impossibile l’espulsione, non importa che contrazioni e che sforzi si facciano. L’”embarazada” deve quindi soffrire tutte le fasi del “travaglio”, senza poter perdere neanche una goccia. Quando l’aguzzina deciderà che è il momento buono, alcune pompate di aria, gonfiano il “fungo”, trasformandolo in una grossa sfera. La forma, associata ad opportuna lubrificazione, permette un doloroso “parto”.
Ma lasciamo da parte la teoria, veniamo alla nostra perra che ha bevuto anche il suo litro di acqua calda. E’ giunto il momento del muñeco. Alejandra lo lubrifica e, con decisione lo inserisce nell’ano della perra. Un lamento rivela l’inaspettato dolore dell’introduizione. Ora la perra dovrà attendere, inginocchiata, il decorso del suo “embarazo”. Per renderle meno noiosa l’attesa, la superficie su cui è inginocchiata è tutta a bitorzoli, come se fosse inginocchiata sui ceci. Il tempo passa, l’acqua calda, bevuta in quantità, le riempie rapidamente la vescica. Giunge il momento in cui non resiste più ed è costretta a chiedere ad Alejandra il permesso di orinare. Permesso che, inaspettatamente, le viene accordato ma a prezzo dell’azionamento della manopola che dilata dolorosamente “el muñeco” fino alla massima dimensione. Una volta fatta la pipì iniziano gli effetti purgativi del ricino. Sordi gorgoglii rivelano che l’effetto non si farà attendere a lungo. Alejandra scambia uno sguardo con la Badessa e fa portare una piantana con un grosso clistere. Si tratta di acqua limpida. Il tubo viene collegato al muñeco che, vi ricordo, è già dilatato al massimo. La pancia della perra viene ben presto dolorosamente riempita. Nel frattempo anche la vescica si è nuovamente riempita, per cui il pancione è già notevole, riempito da un buon 3 litri di liquido. Alejandra accarezza e preme di tanto in tanto il pancione. Quando giudica che sia il momento fa legare la perra al lettino in posizione ginecologica. Il buchetto della perra è ancora ben stretto attorno allo stelo del muñeco. Ma sta per iniziare il travaglio, dato dapprima dall’effetto del ricino. La perra inizia a sospirare ed uggiolare. Lo stimolo deve essere prepotente, ma “el muñeco” fa una tenuta perfetta. Le contrazioni, sempre più lunghe e dolorose, tentano di dilatare il buchetto, ma la forma a fungo rende assolutamente impossibile qualsiasi espulsione. Alejandra scambia una nuova occhiata con la Badessa, si arma di un siringone e lo riempie dalla famigerata bottiglietta rossa. Per la perra si annunciano momenti duri! Infatti Alejandra, di tanto in tanto, inietta nel tubo del muñeco un bel getto del liquido rosso puro. Di lì a pochi secondi una impressionante serie di contrazioni squassa la perra. Di conseguenza una nuova serie di ululati e lamenti, ma da una classe di future sorveglianti non deve aspettarsi nessuna pietà. Pian piano il buchetto sui dilata, il processo richiede un tempo infinito, scandito di tanto in tanto, da una nuova iniezione di liquido rosso da parte di Alejandra.
Dopo alcune ore di urla e pianti, la Badessa ne ha abbastanza, dice ad Alejandra di affrettare “el periodo expulsivo”. Alejandra riempie nuovamente il siringone, ormai vuoto, di liquido rosso. Da un'altra bottiglietta prende con un'altra siringa, del liquido azzurro. Ci viene detto che quest’ultimo è un potente lubrificante naturale, unito a prodotti lenitivi come l’aloe. Alejandra stantuffa con decisione tutte e due le siringhe all’interno dell’intestino della perra. Questa, se non fosse lì legata ed esposta alla nostra vista, si contorcerebbe come una biscia. Ha ormai finito la voce per urlare.
Alejandra prende ora la funzione di “partera”, cioè di levatrice, tiene la mano alla perra e la invita a spingere, respirare a fondo e spingere ancora di più. Ma, come già detto è impossibile che la perra posssa dilatarsi a sufficienza. Una buona ora di agonia e, ad un occhiata della Badessa, Alejandra, finalmente gonfia “el muñeco”. La forma sferoidale, unita al lubrificante ed alle mostruose contrazioni provocate dal liquido rosso, rende ora possibile l’espulsione. Ci vogliono ancora quindici minuti di pianti e sforzi, prima che l’ano della perra sia dilatato a sufficienza per permetterle il “parto”. E quando “el muñeco” viene finalmente espulso è come se venisse “sparato via” il tappo di una magnum di champagne, un getto di liquido riesce addirittura ad uscire dalla vasca che circonda il lettino ginecologico. Da qui il commento della “Badessa”: “proprio un parto da scrofa”.
E veniamo alla perra, sicuramente l’esperienza la ha molto provata ed umiliata. Due detenute la devono sostenere fino all’infermeria, dove la Badessa verificherà gli eventuali danni provocati dal parto. La Badessa inizia una dolorosa ispezione manuale, seguita dall’introduzione di un grosso tampone di ovatta, una specie di tampax gigante, imbevuto in allume di rocca. La soluzione astringente fa urlare la perra a pieni polmoni, visto che brucia come il fuoco, risolve però alcune emorragie capillari, provocate dall’enorme dilatazione. Inutile vi racconti il pianto della perra. La Badessa ammonisce la perra, per stavolta ti è andata bene, ma attenta potresti trovarti “el muñeco” regolato alla massima ampiezza ed allora sarebbero guai grossi, intendo guai permanenti …….
Per fortuna della partoriente, di lì a qualche ora la dilatazione del buchetto, man mano si riduce. In capo ad una settimana i danni fisici sono rimediati. Spero invece il terrore di ripetere il parto duri ben più a lungo.
Ma non preoccupatevi, ne vedremo ancora delle belle…..
Vostra umile sorvegliante Nadia. 
(88- continua)

3 ottobre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 5

Diario di una educazione – 5

L’educazione della sguattera prosegue con giorni tutti uguali di piccole umiliazioni sul lavoro, quasi sempre eseguito sotto il controllo di una Oberschwester maniaca della “prezisione” e di una Signora severa ma anche materna. Alla sguattera è infatti concessa l’ “ora d’aria”, ora in cui può fare una pausa e recarsi ai giardinetti per rilassarsi con la moltitudine di serve e badanti. Una babele di lingue e di colori. Su ogni panchina si riunisce un gruppo di amiche. Lì, chiacchierando come oche, vengono raccontate le fatiche, i sudori, le umiliazioni ed i maltrattamenti subiti, quasi fosse una terapia di gruppo. Ed è lì che la vostra indegna cronista riceve le confidenze della sguattera “in educazione”.
Non crediate che la sguattera sia una mosca bianca, un ascoltatore attento che passi di lì, nella babele di lingue riuscirà certamente a sentire le lamentele su padrone troppo severe o troppo materne, padroncine e padroncini sporcaccioni, senza poi menzionare i racconti di indisposizioni e malesseri, con relative spiacevoli cure ricevute.
L’indomani la sguattera è lì che lavora, in fondo al cervello ha un tarlo, si ricorda l’ordine speciale effettuato dalla Oberschwester in farmacia. Il pacco è lì, in un armadietto. La curiosità è femmina, sia pur consapevole dei guai a cui potrebbe andare incontro, la serva approfitta della momentanea assenza della Oberschwester. Porta il pacco sul tavolo di cucina, solleva con insospettata abilità il nastro adesivo che lo chiudeva. Finalmente può rovistare tra quegli oggetti che la terrorizzano ma nel tempo stesso la eccitano.
Il più grosso viene estratto dal sacchetto che lo protegge, una specie di tanichetta, con un grosso occhiello per appenderla, il fondo inclinato ad imbuto, termina con un raccordo delle dimensioni del tubo, ordinatamente posto accanto, nel suo sacchetto. Ma quello che la sguattera nota sono le tacche sulla parete della tanichetta, 1,2,3 la serva legge le tacche principali, sgranando gli occhi. Tra le tacche principali ve ne sono di secondarie, inoltre oltre il 3 c’è ancora posto, può darsi che il massimo sia un 4. La tanichetta è chiusa con un tappo a vite, precauzione utile contro i rovesciamenti, evidentemente un oggetto professionale per ospedali e cliniche. La serva stringe le cosce, un clistere con quell’aggeggio deve essere atroce, si vede già ad urlare “basta non ce la faccio più!”. Ma quello che cercava, quello che attrae la sua curiosità al punto da rischiare chissà che punizione è lì in un lungo contenitore cilindrico di cartone. La serva, dopo aver nuovamente verificato di essere sola, si azzarda a prendere la scatola cilindrica, con mani tremanti le toglie il tappo e la inclina verso il tavolo, scivola fuori un oggetto di gomma rossa: la sonda Bardex! La serva la guarda, al tempo stesso affascinata e terrorizzata. Guarda il tubo, lungo, leggermente conico, con delle scritte indecifrabili, sicuramente la misura, non c’è neanche bisogno di leggerla, ricorda benissimo la Oberschwester al momento dell’ordine: “la più krande!”.
L’oggetto di per sé ha una sua bellezza: il tubo della sonda inizia con una parte leggermente conica, evidentemente destinata ad un raccordo, poco più avanti nel tubo entra un sottile tubicino, sempre di gomma, questo piuttosto sottile, a metà una specie di sacchettino o valvola, la serva vede il raccordo, più o meno delle dimensioni del cono di una siringa, il raccordo, poi, può essere sigillato con un tappo, sempre di gomma, collegato indissolubilmente. Vi è poi un lungo tratto liscio. Verso i ¾ del tubo principale, vi sono due ingrossamenti sempre di gomma rossa, a forma di palloncino delle dimensioni approssimative di un uovo di medie dimensioni. La sguattera li saggia con un dito, mmm morbidissimi, tra i due palloncini un breve tratto del tubo della sonda. Il tubo prosegue qualche centimetro oltre i palloncini e poi ha una punta arrotondata di gomma spessa nella quale sono ricavati due buchi a diverse altezze. L’oggetto è costruito con grande maestria, non vi sono spigoli od altri intoppi, destinato come è a scivolare all’interno.
Ma la insana curiosità della porcella non è ancora soddisfatta, rovista brevemente e la mano ricompare con una altro sacchetto, una pompetta di gomma, con un cono che pare fatto apposta per il tubicino della sonda. La serva controlla ancora di essere sola. Le mani tremanti e sudaticce collegano i due oggetti, la serva dà una piccola pompata di assaggio, i due palloncini iniziano a gonfiarsi, alcune pompate dopo i palloncini hanno raggiunto le dimensioni di una grossa cipolla, le pareti sono diventate dure ed indeformabili. La sguattera stringe ancora le cosce, chissà cosa si prova. Nonostante la sua ignoranza, ha istintivamente capito che un palloncino viene infilato dentro e l’altro, premendo dall’esterno fa tenuta. Rabbrividisce istintivamente, nonostante stia sudando a profusione per la tensione. Si immagina mentre la Oberschwester le infila la sonda lubrificata, poi la gonfiatura del palloncino, chissà che male farà e poi si vede che piange, il pancione dilatato e l’impossibilità di espellere la più piccola goccia, grazie al tappo costituito da quella diabolica sonda. Stringe ritmicamente le cosce, le mutande di servizio rivelano una larga chiazza umida…..
Ma è ora di metter via tutto e nascondere le proprie tracce. Gli oggetti tornano nelle condizioni iniziali, la serva nel riporli nota altre cose: un grosso tubo di pomata, legge l’etichetta: lubrificante per sonde. Inoltre rubinetti, raccordi ed altro. Altri involti vengono ispezionati in fretta: olio di ricino, sale inglese, soluzione per lavaggio intestinale, savon de Marseille, la serva conosce questi prodotti di fama, ma che razza di regime vogliono farle seguire le sue aguzzine? Gli oggetti riposti ben bene, la serva richiude l’involto e, con l’esperienza ancestrale di serve e portinaie che aprivano la corrispondenza col vapore, rimette il nastro…. Perfetto, nessuno si accorgerà mai che è stato aperto. La scatola viene rimessa al suo posto e la sguattera riprende il lavoro. Il sudore della tensione e della paura di essere sorpresa chiazza la divisa in vari punti. La sguattera si dà da fare, viste le premesse non è il caso di sgarrare.
(5- continua)


- Posted by sguattera sudiciona

3 settembre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 4


Diario di una educazione – 4
Ed il programma di rieducazione della sguattera inizia ben presto. Impegnata tutto il giorno in lavori faticosi e sorvegliata a vista dalla Oberschwester. E presto viene a galla una grossa mancanza della sguattera: ignora completamente l’uso e l’esecuzione dell’inchino, da eseguire tutte le volte che la Signora entra od esce dalla casa. Ma ciò che inguaia la sguattera è che è la Signora ad accorgersene. E, nel pieno rispetto delle tradizioni, la Signora se la prende con la Oberschwester, anziché con la diretta responsabile. La sguattera non assiste alla reprimenda o, chissà magari alla punizione, di Elize. Ciò che la serva sa è che Elize esce dall’incontro con Madame, schiumante di rabbia. La sguattera in quel momento sta lavando il pavimento del terrazzo inginocchiata davanti ad un secchio di acqua saponata, ormai diventata colore di caffè. Senza proferire una parola Elize afferra la sguattera per i capelli e le tuffa la testa nel secchio, tenendovela a lungo. L’operazione viene eseguita più volte, lasciando alla punita solo il tempo per tirare un respiro. Ed è una serva semiannegata che tossische e sputa acqua come un putto, quella a cui la Oberschwester spiega i rudimenti e le complicate regole dell’inchino. Infatti tale omaggio va riservato alle Signore di un certo lignaggio, deve essere eseguito all’arrivo ed alla partenza della Signora, non va eseguito, invece quando la Signora passeggia per le stanze, in tal caso la serva deve lavorare con gli occhi bassi ed alzare lo sguardo solo se le viene ordinato.
Per verificare che la sguattera abbia capito la Obershwester effettua numerose simulazioni, impersonando una Signora. Inutile dire che quella stupida della sguattera, sia pur ben istruita, continua a fare errori su errori. La lezione prosegue a lungo, senza grandi miglioramenti. Ad un certo punto la Oberschwester ne ha abbastanza: ordina alla sguattera rialzare la divisa di fatica ed abbassare le mutande disciplinari. La sguattera deve poi inginocchiarsi di fronte ad un divano e poi appoggiare il petto sulla seduta del divano. La Oberschwester si mette poi seduta sulla schiena della punita bloccandola tra le proprie cosce. La Oberschwester si trova in pratica il sedere della sguattera nella posizione in cui un suonatore di bongo ha il proprio strumento. Vi ho già detto che Elize ha delle forti braccia? La sguattera riceve una raffica interminabile di sculaccioni. Data l’origine della Oberschwester possiamo immaginare che stia cercando di suonare la Cavalcata delle Walchirie sul culo della povera serva. Ovviamente la musica è disturbata dai lamenti e strilli della punita. E la lezione continua, interminabile con intermittenti sculaccioni, con la sguattera che fatica a comprendere come mettere i piedi e piegare le ginocchia per ottenere un inchino d.o.c..
Pare che la Oberschwester, sia pur in posizione subalterna rispetto alla Signora, provi un sottile piacere a umiliare la sguattera anche nelle più intime necessità.
Infatti ordina alla sguattera di prepararsi per gli acquisti settimanali ad un centro commerciale. La serva si prepara per una bella sfacchinata, infatti la Oberschwester, fanatica del fitness, non utilizza automobili o i mezzi, per queste incombenze. Basta una passeggiata, il centro commerciale è per fortuna abbastanza vicino. Non della stessa opinione è la sguattera che si troverà a trainare un carrello strapieno e in seguito un trolley gigantesco, addizionato magari di un paio di borsoni. La sguattera spera di potersi mettere in borghese, ma niente, deve tenere la divisa di servizio con i buffi ciabattoni di plastica verde. Ed è alla fine, con la sguattera carica come un mulo, che la Oberschwester vede un negozio interessante, un negozio di articoli sanitari. Entra e parlotta con la commessa, la quale si reca nel retrobottega. Passano dieci minuti e la commessa torna trionfante, mostrando due grossi vasi da notte di plastica. La sguattera avvampa, alla vista degli oggetti. La Oberschwester nota con soddisfazione la cosa, le viene anche un'altra idea, rientra nel centro commerciale e ne esce con due lavagnette di plastica con relativi pennarelli, la serva si chiede per cosa serviranno questi oggetti. Lo scoprirà ben presto, le nuove regole Stabilite dalla Oberschwester, con il beneplacito di Madame, prevedono che la serva non utilizzi più il bagno, né al lavoro né a casa. Dovrà sempre utilizzare il vaso da notte, sovrastato dalla lavagnetta, su cui verrà riportato … il risultato. La Oberschwester si auto incarica della sorveglianza. Ricordate che la sguattera deve bere quattro bottigliette di acqua? Bene ben presto la sguattera ha bisogno di una pausa … vasetto. Ma la cosa che la sconvolge è che la Oberschwester non si allontana, è lì a meno di un metro di distanza. La serva si vergogna al punto da non riuscire a fare pipì. Ci vorrà un ulteriore ora ed un ulteriore bottiglietta di acqua per piegarla. E, una volta abbassate le mutande ed essersi accosciata, la serva si rende conto di quanto possa essere rumoroso un vaso da notte di plastica. Si sentono chiaramente sia lo scroscio che le ultime più piccole gocce. Ed è una serva arrossita fino alle orecchie che deve presentare alla Oberschwester la … propria produzione.
Ma le mire della Oberschwester sono ben altre, la serva stitica sicuramente avrà ben altri problemi. Infatti Elize pone trionfalmente un bello zero alla fine di ogni pausa bagno della sguattera. La sguattera inizia a disperare, tenta addirittura di rivolgersi alla Padrona, chiedendo di poter usare il bagno o di potere avere un po’ di privacy. Ma Madame risponde sdegnosa di non avere intenzione di lasciarle sporcare il bagno degli ospiti. In quanto alla richiesta di privacy, una brava serva non deve avere di questi stupidi pudori. Ma non è finita, Madame segnala alla Oberschwester che la sguattera ha cercato di scavalcarla, rivolgendosi direttamente alla Padrona. Risultato, la sguattera si becca un'altra memorabile sculacciata a tempo di Cavalcata delle Walchirie. Il numero di zeri sulle lavagnette si allunga inesorabile, siamo ormai a tre giorni interi, senza risultati, nonostante che la sguattera si sforzi ogni volta, fino a diventare paonazza.
Per la nostra sguattera si preparano giorni duri.
(4- continua)

PENSION BALNEARIA 87 / LA PUNIZIONE DELLA SERVA SARA


Nobili Signore, serva sudiciona,
vi relaziono sui primi giorni di corso, non ho avuto modo di controllare da vicino la perra ma Alejandra insiste, la perra è in buone mani. Le prime lezioni, come anticipato si tengono nell’hydroterapia. La prima sfortunata “guinea pig” è la serva Sara, una biondina quarantenne. Sara si è meritata la partecipazione come “caso di studio” per …. eccesso di ammonizioni. Dovete sapere che qui se le detenute paiono battere la fiacca, vengono ammonite una sola volta, la seconda volta iniziano i castighi. A Sara verrà applicato un clistere punitivo. Vedo la quantità di liquido, niente di particolare, solo 1.5 litri. Ma, spiega Alejandra, lo scopo di questo clistere è di fare da base al enema “gota a gota”. Infatti, sulla piantana che sorregge l’apparecchio, viene attaccato un secondo apparecchio, dotato di un regolatore simile a quello delle flebo. E’ così possibile far durare il clistere per tempi lunghissimi, riempiendo l’intestino molto lentamente, oppure addirittura regolare in maniera da limitarsi a compensare l’acqua assorbita dai tessuti. E ci viene mostrata una delle bottigliette dell’armadio a vetri, contenente un liquido di colore rosso. Leggo sull’etichetta gli ingredienti, vi riporto quelli che ricordo: sapone neutro, bicarbonato, olio di ricino, estratto di bile bovina, senna ed altri nomi scientifici che non capisco. Capisco benissimo, invece, le istruzioni d’uso: il preparato eccita i movimenti dell’intestino. Se usato in piccole dosi, stimola i movimenti peristaltici provocando un forte stimolo all’evacuazione. Si avverte che l’uso del preparato in dose abbondante, provoca una immediata incontenibile evacuazione, seguita da forti crampi per un lungo periodo. Capita a fagiolo una delle detenute in punizione: Alejandra, davanti a tutte la classe delle sorveglianti, le ordina di denudarsi. Lega poi le braccia della ragazza alle cinghie alla sbarra superiore di quello che vi ho descritto come “asticella”. In realtà vediamo che si tratta di un oggetto molto robusto, fissato al pavimento. La ragazza, dicevo, è così costretta a stare in piedi. Le viene infilata una cannula con una vistosa “oliva” sulla punta. L’operazione non è troppo piacevole. Viene praticato rapidamente il primo clistere di riempimento. Poi Alejandra preleva, con una piccola siringa, una piccola quantità del rosso liquido e lo aggiunge ai 2 litri di acqua del “gota a gota”, che diventa immediatamente di un bel rosa. Il gocciolatore viene presto regolato su un gocciolamento abbastanza vivace ed inizia la somministrazione. Per i primi dieci minuti non accade nulla di particolare, ma in seguito i movimenti della ragazza, che stringe forte le cosce tra di loro, indicano che l’effetto è cominciato. Bisogna dire che la poveretta, con le braccia fissate in alto, non ha alcuna possibilità di lenire i dolori, inoltre la posizione all’impiedi non né certo la migliore per un clistere, visto che la forza di gravità aiuta l’espulsione. Alejandra non risparmia le minacce, se sfugge anche solo una goccia la ragazza riceverà una punizione memorabile. E così per una interminabile mezz’ora la punita deve sopportare il rivolo di liquido che la tormenta, gonfiando ad un ritmo impercettibile il pancione. Ad un certo punto la ragazza scoppia addirittura in lacrime ma la clessidra non ha ancora terminato la sabbia e la punizione continua. Alla fine la ragazza cede, espelle la cannula ed un fiume di liquido inonda la vasca prudentemente posta sul pavimento.
Alejandra, magnanima attende che il tutto sia finito, si avvicina all’armadio delle attrezzature e torna con una sonda di gomma rossa, con due palloncini a forma di uovo posti verso la punta: una sonda Bardex! Ci viene mostrato come i due palloncini possano venire gonfiati, aiutando così a prevenire eventuali perdite, anche se, continua Alejandra, potrebbe sempre avvenire un “parto”.
La detenuta, stavolta, non deve attendere a lungo per il riempimento, Alejandra scioglie direttamente una doppia dose del liquido rosso in tutto il liquido e somministra il tutto piuttosto rapidamente. La ragazza cerca, per quanto può, di restare in piedi ferma, ma i dolori alle viscere la fanno contorcere come una biscia! Rivoli di sudore e sospiri si sprecano, anche se, obbedendo agli ordini di Alejandra, nessuna implorazione viene emessa. Alejandra sembra molto soddisfatta, limita addirittura il tempo di ritenzione ad un solo “giro di clessidra”. Il bonumore di Alejandra, ci rivelerà più tardi, è dovuto al fatto che una delle detenute, gli hanno riferito, si è appena meritata una delle memorabili punizioni per cui l’Istituto è famoso. Domani, ci annuncia, potrete assistere al “Parto” ed alla speciale preparazione adottata per le detenute più ribelli.
Termina così la giornata, devo confessare di essere curiosa, non ho idea in che cosa consista questa punizione ma domani lo scopriremo.
Vostra umile sorvegliante Nadia.
(87- continua)


12 luglio 2014

PENSION BALNEARIA 86


Nobili Signore, serva sudiciona,
la perra è stata messa al lavoro e, presto vi racconterò i suoi guai. Ma veniamo a me, sto seguendo il corso da sorvegliante. Una cosa assai interessante per una che fino a pochi mesi fa era dall’atra parte della barricata. Oltre a varie lezioni teoriche sui (mal)trattamenti delle detenute, ci viene annunciato che presto inizieranno le lezioni pratiche. Poiché molte di queste lezioni tratteranno di castighi vari, diventa necessario reperire delle serve “guinea pigs”, insomma delle più o meno volontarie. La Direzione ha stabilito che alla fine di ogni giorno si raccolgano i nomi delle detenute che hanno meritato dei castighi, vuoi per non aver lavorato a sufficienza, vuoi per aver combinato dei guai. Queste faranno da cavie per le lezioni dei giorni successivi. Maestra Alejandra accompagna la classe delle sorveglianti al primo ambiente, la sala dell’ “hydrtoterapia”.
In questa sala viene conservata tutta la strumentazione per riempire e svuotare, con varie modalità, il corpo delle detenute. Quattro oggetti sono evidentemente destinati allo scopo di bloccare la punita e renderne accessibili gli orifici: due lettini, dotati di cinghie per bloccare braccia e gambe. Sui lettini possono essere montati dei supporti per le caviglie, che permettono di bloccare la punita in posizione “ginecologica”. Un grosso “volante” posto al di sotto della mezzeria del lettino, permette di inclinare il lettino un po’ in tutte le posizioni, per cui si può mettere la punita con la testa ben più alta o ben più bassa dei piedi, arrivando quasi in posizione verticale. Una sedia, simile alla “silla della verguenza” che già ben conoscete, permette di bloccare la punita in posizione seduta, lasciando sempre ben accessibili gli orifizi. Un terzo oggetto appare, quasi inspiegabile in questo contesto: un inginocchiatoio. Guardando meglio vedo che anche questo è dotato di robuste cinghie per trattenere le punite. L’ultimo oggetto è quello che definirei l’asticella, per analogia con le asticelle del salto in alto, una struttura costituita da due robusti sostegni, su cui può essere bloccata, a varie altezze, una robusta barra trasversale, dotata di cinghie di contenzione per i polsi. Insomma è un modo per bloccare in alto le braccia delle detenute, in questo modo la totalità del loro corpo è accessibile da tutti i lati.
Tutti questi oggetti, lettini, sedia, inginocchiatoio ed asticella hanno alla base una specie di vasca che impedisce a “perdite” di liquidi di inondare i pavimenti.
Un grande armadio a vetri mette in mostra una serie di oggetti.
Innanzitutto alcuni apparecchi per il clistere, in plastica medica bianca. Solo che le proporzioni sono enormi terranno almeno 4 litri ed infine alcuni giganteschi ricavati da capaci taniche di plastica.
Seguono tubi di collegamento e rubinetti, ordinatamente disposti in sacchetti di plastica. Vengono poi capaci siringoni di plastica. Ed infine, disposte in scatolette e vassoi di plastica, sonde di tutti i tipi. Partiamo da sonde in plastica rigida di varia foggia, contenute in scatolette-espositori che presentano per ogni tipologia almeno quattro diverse misure via-via crescenti. E’poi la volta dei cateteri, usati sempre a scopo punitivo. A seguire sonde lisce di gomma, di diametri e lunghezze diversi. Ulteriori vassoi raccolgono sonde Bardex con una coppia di palloncini gonfiabili. E per finire, una collezione di plug rettali di varie fogge e misure, tutti dotati di un forellino centrale ed un raccordo per collegare il tubo del clistere. Al posto d’onore una scatola, purtroppo chiusa, di lucido legno scuro. Chiedo lumi e mi viene risposto che è “el muñeco”.
Un ultima anta dell’armadio contiene, ben ordinate scatolette e bottigliette di vari colori. Ci spiegano che si tratta degli additivi per preparare i liquidi per i vari trattamenti, oltre a potenti purganti.
Alejandra ci annuncia che, in vista del corso, sono state posticipate tutte le punizioni della settimana, per cui ci sarebbero state “cavie” per mostrarci l’utilizzo della strumentazione di punizione. E, ci dice, oltre ai soliti clisteri che ben conosciamo, qui avremo modo di ampliare le nostre conoscenze, per esempio vedremo il temuto “enema gota a gota”, il “lavado gastrico”, il “lavado vescical” , il “lavado del colon”. Avremo certamente occasione, grazie a qualche detenuta particolarmente ribelle, di assistere al “trabajo forzoso”, detto anche “parto anal”, per cui si usa, appunto “el muñeco”.
Ma veniamo alla perra, dovete sapere che le Signore, per finanziare questa istituzione, hanno creato una fabbrica artigianale di piatti di ceramica. Una fortunata coincidenza ha fatto sì che nel terreno cintato dall’alto muro a prova di evasione, vi fosse un giacimento di caolino. L’ideale per fare del prezioso vasellame. L’ideale anche per far lavorare le detenute. Molte si consumano a scavare, a colpi di zappa, la preziosa materia prima. La raffinazione e formatura degli oggetti sono invece affidate ad abili artigiane, ex detenute, delle vere artiste. Le detenute normali, tornano in auge per far funzionare i forni di cottura, infagottate nelle loro divise, sudano rivoli di sudore, a spalare combustibile e far girare i ventilatori del forno. Vengo a sapere che la perra si è data da fare per farsi assegnare un facile lavoretto: trascinare il carrello con il prodotto finito dai forni al magazzino di stoccaggio. Dico ad Alejandra che la perra non merita tale trattamento di favore, ma Maestra Alejandra mi risponde “tranquila, no es tan simple come parece”. Vedremo quindi cosa attende la perra.
Vostra umile sorvegliante nadia
(86- continua)

PENSION BALNEARIA 85 - DESCRIZIONE DELLA PERRA



DESCRIZIONE PSICOFISICA DELLA PERRA, DA DIRETTRICE E SORVEGLIANTE A SCHIAVA
Nobili Signore, serva sudiciona,
vi voglio parlare della perra.
Fino ad alcuni mesi fa era, devo ammetterlo, una bella donna. Trentaduenne, di origini andaluse, sembrava il prototipo della amazzone: alta (1.75), mora, capelli lunghi, occhi neri, ciglia lunghe. Pelle ambrata, un bel seno. Grazie all’abitudine di andare a cavallo, snella, ventre piatto ed un interessante “lato b”. Inoltre ha sempre apprezzato una tenuta da amazzone: calzoni fascianti, una camicetta a jabot di pizzo e un giacchino nero. Devo parlarvi del suo sguardo, uno sguardo bruciante ed intenso che faceva tremare noi serve, insomma: un vero portamento arrogante, da padrona.
Il fatto di essere stata ridotta in schiavitù, la ha trasformata completamente: i capelli cortissimi ed irregolari, ricresciuti dopo la “rapada”, senza più alcuna cura rivelano i primi fili brizzolati. Il ventre piatto se ne è andato, non so se a causa della dieta a cui è sottoposta o ai ripetitivi lavori punitivi a cui è assegnata, altro che cavalcate! Infatti il ventre della perra ha perso tonicità ed inizia ad espandersi, insomma presto avrà anche lei il “pancione” regolamentare. Il seno, lasciato sempre senza alcun sostegno e mortificato dalle divise carcerarie, sta iniziando a cadere.
Ed anche i suoi atteggiamenti sono cambiati: niente più sguardo altero ma occhi tenuti abbassati, anche se, ogni tanto le si accende ancora l’antica preoccupante scintilla nello sguardo.
E se prima la perra, vista da una serva, pareva la personificazione della perfezione, ora, diventata schiava, appaiono tutte le magagne: senza parrucchiere ed estetiste, nulla nasconde le imperfezioni, inoltre la mancanza dei suoi costosi profumi rivela un fastidioso naturale afrore delle sue ascelle ed un lieve sentore di piscio. Viso collo e mani si stanno coprendo di rughe. I palmi delle mani si stanno coprendo di calli. La mancanza di sole, poiché le detenute indossano sempre i loro camicioni punitivi, sta facendo virare il colore ambrato della sua pelle verso un malsano giallino.
Insomma, la perra sta diventando “una chiavica”.
E le Signore, qui al centro di detenzione stanno ora “studiandola”, per la perra si preparano brutte novità, le vedremo presto.
Vostra sorvegliante Nadia.


28 giugno 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 3


Diario di un'educazione – 3
I giorni di servizio si allungano monotoni: pulizia dei pavimenti, con la Oberschwester che spesso fa rifare pretestuosamente il lavoro con la serva ginocchioni. Poi lavare, stirare e …. Ripartire dall’inizio. La serva riga dritto, ha capito che non conviene sgarrare, lavora duramente ed in silenzio, come le sta insegnando la Oberschwester.
Ma c’è un altro problema: sarà il grande impegno messo nel lavoro, saranno le pause per il bagno concesse ad orari rigorosamente fissi, insomma, il già lento intestino della serva si blocca completamente. La povera stupida, anziché chiedere consiglio ed aiuto, rimanda di giorno in giorno, sperando…. Ma le scodelle di zuppa di cavoli che la Oberschwester tanto gradisce, alla povera serva stitica creano dei problemi: la serva si ritrova con un pancione dolorante e gonfio d’aria. E’ inevitabile che, piegandosi per passare lo straccio sotto al letto….. la serva ammorbi l’aria. La Oberschwester sottopone la serva ad uno stringente interrogatorio: da quanti giorni … non va? La serva cerca di tergiversare, ma la minaccia di una sculacciata la convince a confessare: “cinque”. “Cinque cosa?” inquisisce la Oberschwester “non mi scarico da cinque giorni” è la risposta della serva. La cosa è grave, una lunga telefonata alla Signora ed una alla Farmacista, fanno sì che in serata le due donne arrivino.
La serva sente le donne discutere, la Oberschwester, stavolta pare in disaccordo con le altre due. La serva, “origliando distrattamente” sente la Signora dire: “Mia cara, siamo d’accordo che la glicerina possa dare ottimi risultati ma, qui da noi si è soliti andarci un po’ più leggere, vedrà che comunque i risultati non mancheranno, glielo assicuro”.
La serva viene spedita in fretta per un acquisto urgente: “Prendi del sapone neutro da bucato e dell’olio di oliva. Prendi il più economico”. La serva si meraviglia un po’: la Signora chiede sempre il meglio, che strano.
Al ritorno la serva trova le tre donne ad attenderla. La Signora le ordina di spogliarsi e restare solo con le mutande disciplinari. La bottiglia di olio viene scaldata a bagnomaria. Poi la Farmacista prende dalla propria borsa una “pera” pera di gomma rossastra. La pera viene lentamente riempita di olio tiepido. Alla serva vengono abbassate le mutande disciplinari e deve mettersi prona, sulle ginocchia della Oberschwester, riparate da un lungo grembiule. La Signora dirige attentamente le operazioni. Il dito guantato della Oberschwester lubrifica accuratamente, poi il beccuccio di gomma della pera si fa strada nel buchetto della serva. Una leggera pressione rivela che il beccuccio si è intasato. Questo richiede l’estrazione e la pulizia del beccuccio ed una nuova inserzione. L’iniezione di olio caldo non è affatto dolorosa, anzi, alla serva piace molto venire accudita dalle tre donne. La serva viene ammonita di non perdere neanche una goccia, comunque la Farmacista mette nelle mutande disciplinari un pannolone, l’olio tiepido ha la particolarità si trovare sempre una strada per uscire, meglio evitare macchie. Alla serva pare di sognare, lasciata tranquilla a pisolare sul divano, nel tepore di una coperta. Che bello fare la “malatina”. Ma di lì ad un ora la Farmacista giudica che l’olio abbia fatto il suo effetto, ora di smuovere un po’ le cose. Viene preparato un catino con acqua calda in cui grattugiano un buon pezzo di sapone. L’acqua si fa densa e scivolosa, la consistenza è più di panna che latte. Nuova introduzione, la serva sente il caldo liquido entrare, dà po’ di fastidio ma niente più. La pera svuotata viene nuovamente riempita e reinserita più volte. Ora il pancione dà ondate di dolore che la stimolano ad andare in bagno. Ma le tre donne la trattengono sulle ginocchia della Obershwester: bisogna fare le brave bambine e resistere. Ma man mano che passa il tempo resistere diventa un impresa, la serva suda e smania. Ancora un po’ e non ce la farà a reggere fino al bagno. Ma la Farmacista ha pensato a tutto: va in macchina un attimo e torna…. Con un capace secchio a cui è adattata l’asse del water. Ecco, mia cara, dice la Signora, non preoccuparti, al momento opportuno ti accomoderai qui. Ormai la serva soffre talmente che non le interesserà scaricarsi così pubblicamente. Ma non è ancora giunto il momento, i massaggi al pancione continuano e anche le ondate di dolore. Di lì a poco la serva capisce che la prossima ondata non riuscirà a reggere. La Signora ora la incoraggia, stringi ancora un attimo, ecco, ora puoi sederti. Ed ora fai pure. Ma nonostante lo stimolo così forte, la serva fatica, è dopo un buon cinque minuti di “spinte” che un urlo di dolore ed un tonfo nel secchio annunciano alle Signore che è saltato il “tappo”. La serva, persa nelle coliche e nelle scariche che la devastano, quasi non nota la gioia delle Signore: non ci sarà bisogno di portare la serva al pronto soccorso, anzi, dopo un bidet ghiacciato e l’applicazione di una bella cremina lenitiva uniti ad una nottata di riposo, il buchetto della serva sarà nuovamente disponibile per l’intensivo programma di rieducazione e condizionamento intestinali che le Signore hanno ideato.
(3- continua)

PENSION BALNEARIA 84


Nobili Signore, serva sudiciona,
un lungo viaggio, rinchiuse nel furgoncino mi fa perdere l’orientamento. Quando scendiamo siamo in una vallata tra basse colline. Un antico edificio nobiliare, circondato da un ampio terreno ci attende. Varchiamo un portone, in un alto muro, reso invalicabile piantando sulla sommità innumerevoli, taglienti, cocci di vetro.
La sorvegliante di grado più alto “maestra Alejandra” ci attende. E’ una donna matura, plasmata da una vita di sacrifici, giunta ai vertici massimi raggiungibili per una ex serva divenuta sorvegliante e poi maestra delle sorveglianti.
Ci accompagna subito per un “giro di orientamento”, ben presto la perra scopre cosa la attende.
Per prima cosa le celle, ogni detenuta ha il “lusso” di una cella singola, si tratta di piccoli cubicoli da 1.50 metri di larghezza e 2 di lunghezza per 2 metri di altezza. All’interno solo un tavolaccio di legno, ben avvitato al muro. Come servizi igienici, l’immancabile secchio che ammorba l’aria. Le detenute sono fortunate, le celle sono dotate di un finestrino, da cui entra un po’ di aria e si vede il cielo. Ovviamente, spiega Alejandra, esistono anche celle sotterranee di punizione, prive di finestra, in cui la pena si sconta al buio e nel silenzio più assoluto.
Già nel giardino, possiamo vedere il primo manufatto di punizione. La “torre”, una rozza palizzata di legno, sormontata da un palco. Il tutto evidentemente costruito da detenute e non da esperti falegnami.
Una gogna, questa sì ben rifinita, blocca il collo e i polsi di una punita, obbligandola a stare eretta. Accanto alla gogna è posta una monumentale clessidra. Alejandra guarda la clessidra e dice alla punita, “preparati, palpazione vescicale”. Pone il palmo sul ventre della punita ed inizia ad affondare le dita. La punita emette un gemito e stringe spasmodicamente le cosce. Alejandra non pare soddisfatta, un gesto e prontamente arriva una sorvegliante con una capace brocca ed un imbuto. Infila l’imbuto in bocca alla punita e, lentamente versa il contenuto della brocca. La punita fa grossi sforzi per inghiottire, sentiamo distintamente i rumori della deglutizione forzata. Alejandra palpa ora lo stomaco, pare soddisfatta. Rigira la clessidra ed annuncia alla punita: “devi tenerla fino alla fine della sabbia, poi darai da bere alla tua compagna di sotto”. Devo fare una faccia molto incuriosita.
Alejandra, da un varco nella palizzata, mi mostra che sotto al palco esiste una seconda gogna. Quest’ultima blocca polsi e caviglie di una seconda punita, costringendola a stare distesa per terra. La testa è immersa in una piccola vasca, ripiena di liquido, da cui affiora solo la faccia della punita.
Alejandra mi accompagna ora ad espletare alcune formalità amministrative, che ci impiegano per una buona ora. Alla fine ripassiamo dal palco. Le due condannate sono nella medesima posizione, Alejandra effettua nuovamente la palpazione vescicale sulla detenuta di sopra, con maggior delicatezza. Ora annuncia alla punita che può orinare. Ma qualcosa non funziona, la punita non emette neanche una goccia, pare che a causa della interminabile ritenzione sia bloccata. Alejandra fa una espressione annoiata, batte le mani, giunge una sorvegliante a cui ordina “pediluvio per 15 minuti”.
Prontamente la donna porta una vaschetta contenete acqua e cubetti di ghiaccio. L’acqua deve essere freddissima. La punita deve mettere i piedi nella vaschetta. Non vi dico l’effetto, il freddo stimola ancora di più il bisogno di orinare. La punita squittisce e stringe disperatamente le cosce. Buon per lei che riesce a resistere tutti i 15 minuti. Ora Alejandra ripete l’invito ad orinare. Cosa che la punita fa con gran soddisfazione.
Ma ora passiamo al piano di sotto: il getto cade in faccia alla seconda punita e riempie sempre di più la vaschetta, iniziando a sommergere la bocca e rischiando di arrivare anche al naso. Si sentono dapprima rumori di aspirazione, come quando una serva maleducata sorbisce del brodo, ma poi il getto è così intenso che, se non vuole annegare la punita deve bere il più veloce possibile. Sul finire, addirittura le va di traverso il liquido, provocandole un terribile accesso di tosse.
Alejandra ora ordina di rimuovere le due punite, due sorveglianti liberano la punita superiore e vedo che la gogna era talmente alta da costringerla a stare sulle punte, tanto che ora fatica a camminare. Viene ora liberata la punita del piano di sotto. A parte la puzza, il colorito della punita è verdastro. Si regge appena in piedi e continua ad inghiottire a vuoto, preda di una nausea terribile. Alejandra le annuncia la palpazione vescicale, ma resta delusa, la vescica è poco piena, lo stomaco e la pancia, però sono ampiamente distesi. “Questa stupida non riesce a digerire l’orina”, sentenzia Alejandra, “Portala pure a vomitare” dice ad una guardia e, rivolta a me: “Vedrai, in capo ad una settimana in cui per punizione berrà l’orina di tutte le sue colleghe, imparerà a digerirla benissimo!”. 
(84- continua)