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3 dicembre 2015

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 10


Diario di una educazione – 10
Il sapone
Capita che le serve in addestramento, siano piuttosto goffe nei lavori. Ed una in particolare lo è all’ennesima potenza, succede che ha appena terminato di pulire i balconi e, nel rientrare in casa, rovescia tutta l’acqua sporca che pare inchiostro. Una serva ben addestrata, a questo punto, si rimboccherebbe le maniche e rimedierebbe ben presto al malfatto. Invece la nostra serva, esasperata si lascia sfuggire un “Cazzo, cazzo, cazzo!!”. L’esclamazione richiama immediatamente l’attenzione della Oberschwester. Inutile dire che la serva è nei guai. “Per il momento lasciamo da parte la tua goffaggine, imparerai con l’esperienza ed il lavoro ad evitare questi disastri, ma non posso assolutamente passare sopra alla tua imprecazione. Una brava serva impara a non lasciarsi prendere dalle emozioni e, se questo accadesse, una brava serva tiene la lingua sottochiave. La serva prima della punizione, deve rapidamente rimediare al disastro. Ora la Oberschwester può occuparsi della sua educazione. La serva, sempre con la divisa di fatica, viene fatta inginocchiare sul pavimento. La Oberschwester pone di fronte a lei un basso sgabello con un piattino. La serva si chiede a cosa servirà questo piattino. La Oberschwester si allontana e torna con un piccolo involto profumatissimo. Lo apre e ne estrae una ricercata saponetta, una delle saponette che una serva non si sogna neanche, costretta ad usare per lavarsi solo ed unicamente il sapone da bucato. La saponetta viene posta sul piattino di fronte alla serva. “Bene, mia cara, oggi ci occuperemo della pulizia della tua boccaccia. Sono certa che questa saponetta ti insegnerà a tenere a freno la lingua.”
La serva non crede alle proprie orecchie, forse non ha capito bene, cosa deve fare con la saponetta?
La Obertschwester è una donna di azione, prende la saponetta la passa sotto al rubinetto, pinza il naso della serva e, quando questa apre la bocca per respirare, vi infila a fondo la saponetta. “Ecco mia cara, ora ti succhi questa bella caramellina. Succhiala ben bene, voglio vederla andare dentro e fuori.”
La serva si sforza di ubbidire. Ma la saponetta, a contatto con la saliva, inizia a sciogliersi, richiamando ancora più saliva, ben presto al bocca della serva è piena di sapone e saliva. La Oberschwester, che sta osservandola avverte: “non ti azzardare a sputare, da brava serva inghiotti tutto e, continua a succhiare la saponetta”. Poi la Oberschwester pone sullo sgabello anche una sveglia, “per questa volta smetterai quando la sveglia suona, fra mezz’ora. Ma ricorda, la prossima volta potrei non essere così clemente e potrei obbligarti a succhiare tutta la saponetta, completamente.”.
La serva deve ora inghiottire, la saliva insaponata è terribile, irrita le pareti della bocca e la serva la sente benissimo scendere per l’esofago. E non parliamo del profumo, quello che, sulla pelle è un lusso da Signore, in bocca è una cosa abominevole. Ma la serva sa di essere osservata dalla Oberschwester ed inghiotte, anche se lo stomaco si ribella ed ha voglia di vomitare. Ma ora la serva deve continuare a succhiare spingendola dentro e fuori la saponetta che, dal canto suo si rammollisce in superficie e lascia ancora più schiuma. I minuti passano interminabili, con la fatica di inghiottire la densa ed irritante schiuma che causa crampi e conati. Finalmente la sveglia suona, la serva inghiotte l’ultima schiuma e, finalmente può togliersi dalla bocca la saponetta. Come le fa notare la Oberschwester la saponetta si è consumata abbastanza poco, la serva si può immaginare quanto deve essere terribile dovere consumare completamente la saponetta. Ora la serva può bere un bicchiere di acqua e sciacquarsi la bocca ma, per coronamento della punizione, dovrà inghiottire anche l’acqua utilizzata per sciacquarsi.
E di lì a qualche ora la serva scoprirà all’improvviso delle capacità purgative della saponetta, quando dovrà supplicare a lungo la Oberschwester per poter usare il bagno.
Vi assicuro che da questo momento la nostra serva penserà a lungo, prima di aprire la bocca!
(10- continua)


LANCY 18 / LA MUCCA N°14


LANCY 18 – Mucca per sempre

di sguattera sudiciona
Per la mucca 14 si sta avvicinando un nuovo traguardo: il termine del periodo di internamento a Lancy. Inutile dire che gli obbiettivi che erano stati prefissati non sono ancora stati raggiunti. La Dottoressa in persona studia pertanto nuovi metodi per aumentare la scarsa produzione lattifera.
Ed è la Dottoressa a presentarsi dalla mucca 14 con un enorme biberon: uno dei biberon usati in veterinaria per i vitellini. Il biberon è pieno di un liquido lattescente, all’apparenza molto denso, è ricoperto dalla condensa, sintomo che è stato conservato a bassa temperatura. Una Mungitrice arriva portando un pentolone di acqua calda ed il biberon finisce a bagnomaria. La sudiciona si chiede il perché di tutte queste premure ma non riesce a capire. Dopo un certo tempo il liquido ha raggiunto la temperatura richiesta attorno ai 38 – 40 gradi. Tempo per la sudiciona della poppata. La Dottoressa in persona controlla l’operazione. La sudiciona inizia ad inghiottire a fatica il denso liquido. Il sapore è molto insolito, leggermente salato. Inevitabilmente la sudiciona deve riprendere fiato numerose volte. Ed è circa a metà biberon che la Dottoressa dice alla sudiciona: “allora mucca 14, vedo che lo sperma di toro non ti dispiace affatto”. La sudiciona resta come folgorata. Lo stomaco le si contrae. Le viene da vomitare ed inizia a sudare profusamente. Ma basta una severa occhiata della Dottoressa per farle capire che deve bere tutto fino all’ultima goccia, se vuole evitare qualche terribile trattamento. E così, la sudiciona continua ad inghiottire con grandi sforzi. Il sudore le imperla la fronte. Finalmente, dopo un tempo lunghissimo, la sudiciona termina la vomitevole bevanda. Ora la Dottoressa ordina alla Infermiera Mungitrice di raddoppiare gli esercizi di mungitura della sudiciona. La gran quantità di ormoni somministrati, dovrebbe stimolarle grandemente la produzione lattifera. E possiamo così assistere ad una dolorosissima mungitura da parte delle nerborute mani della Mungitrice. Mani che strizzano energicamente le poppe della sudiciona, per trarne dei modesti schizzi di latte, il tutto tra pietosi muggiti. Ed anche stavolta il secchiello conterrà solo un dito del prezioso latte.

Finalmente la sudiciona viene lasciata in pace, ma per poco. L’Infermiera mungitrice viene chiamata al telefono: “certamente Madame, la mucca 14 viene subito in reception. Si, le metto il reggiseno numero 2”. La mucca 14, nella sua stolidezza si chiede di cosa stiano parlando: a Lancy i reggiseno non esistono, tanto più reggiseno per mucche! Ma l’Infermiera arriva con uno strano aggeggio: due gabbiette di lucido acciaio, dotate di larghe cinghie di nylon. Nelle gabbiette vengono, a fatica, infilate le turgide mammelle della mucca 14. Accade che con i trattamenti a cui è stato sottoposto il seno della sudiciona sia aumentato di un paio di misure ed il reggiseno metallico non sia più adatto. Ma non importa, le robuste cinghie, tirate con forza, tengono il tutto in posizione. L’Infermiera guarda la sudiciona: le gabbiette penetrano in profondità nelle carni, più che un paio di tette sembrano due salami. Ma ora la sudiciona deve venire accompagnata in reception. Il morso le viene allacciato ancora più strettamente. Una fermata alla fontana, dove viene lavata con il solito idrante, poi alla sudiciona viene fatta indossare la divisa di fatica. Ed è a passo di marcia punitiva che la sudiciona, grondante sudore per le rampe salite, entra nel salone della reception. Alcune Signore la valutano, dal fondo della stanza. La sudiciona non vede bene: per settimane è stata rinchiusa nei sotterranei della fattoria e non è più abituata a tanta luce. Poi viene percorsa da una specie di scarica elettrica: quella, quella è la voce della sua Padrona. Infatti Madame Janine ha deciso di accertarsi di persona dei progressi della sua pupilla. Le altre Signore, inutile dirlo sono Anne e Louise con la Dottoressa. La sudiciona capisce che parlano di lei. Resta rispettosamente in attesa con lo sguardo a terra e la mente in subbuglio. Infatti alla sudiciona è stato detto che avrebbe dovuto scontare un breve periodo di detenzione a Lancy, durante il quale si sarebbe potuta rendere conto di cosa la aspettava insistendo nei suoi riprovevoli vizi. Ora la sudiciona si immagina già al ritorno nella villa di Madame Janine. Ma, come sempre accade, la troppa fantasia sta per giocarle un brutto scherzo. Nel frattempo la Dottoressa e Madame Janine si avvicinano, sempre discorrendo tra loro. La Dottoressa ci tiene a mostrare l’aumento di volume del seno, bene evidenziato dalle dolorose gabbiette. Ma ora Madame Janine affronta lo spinoso problema del viziaccio della sudiciona. La Dottoressa si crede abbastanza sicura anche in questo: di certo la mucca 14 ha ricevuto una sufficiente lezione che farà da deterrente. Per dimostrarlo la Dottoressa, indossati dei guanti chirurgici, inizia a titillare sapientemente il sesso della sudiciona. Ora, in condizioni normali la sudiciona sarebbe riuscita a resistere a lungo, ma la presenza di Madame Janine la ha messa in uno stato di pre-eccitazione. Inutile dire che i movimenti ed il muggito rendono chiara la situazione: la sudiciona è ancora dedita al suo vizio. Ora la Dottoressa è abbastanza infuriata e vuole andare a fondo della faccenda, toglie alla sudiciona il morso, in modo che possa rispondere: cosa le è passato per la testa, per godere in maniera così indecente? La sudiciona cerca di negare di avere avuto delle fantasie. La Dottoressa la minaccia: “se non confessi subito confesserai dopo che ti ho iniettato 100 cc di capsaicina concentrata nella vescica tramite un bel catetere. Vedrai l’effetto del peperoncino là dentro, altro che cistite. E poi, ricordati che dovrai orinare e per una settimana urlerai ogni volta. La sudiciona confessa così, tra le lacrime, che si è immaginata di ricevere uno dei dolci clisteri punitivi di Madame Janine. “Ecco spiegato l’arcano: l’eccessivo uso di clisteri non sufficientemente dolorosi, ha creato questa situazione, in questi casi meglio punire con dei bei purganti. Ora occorrerebbe effettuare un lungo periodo di ricondizionamento, per rimuovere del tutto gli istinti goderecci.
La sudiciona, nello stato di confusione e prostrazione in cui si trova, non si accorge di una certa tensione nell’aria. Le sfugge anche la Signora Anne che fa un cenno di intesa ad alcune sorveglianti che erano lì nei dintorni. L’Infermiera, preavvertita rimette rapidamente il morso alla sudiciona, alla cciandolo ben stretto. Madame Janine pare convinta dagli argomenti della Dottoressa: “Bene, mi ha convinta. Tra l’altro ho accolto in casa una giovane sguattera in dressage e non vorrei che questa vecchia vacca la rovini mostrandole i propri vizi. Penso di trovare un soddisfacente accordo con la Signora Anne e lasciare la sudiciona qua da voi per un periodo indefinito.”
Lacrime brucianti scendono dagli occhi della vacca 14, le sta crollando il mondo addosso. Ha sopportato l’ultimo mese di tormenti sorretta dalla speranza di tornare, ormai perdonata, al servizio di Madame Janine e si scopre invece, ormai più che cinquantenne, sostituita da una giovane cerbiatta. Lunghi disperati muggiti si alzano. L’Infermiera Mungitrice, ad un discreto cenno della Dottoressa, aggancia una corda al morso della sudiciona e, aiutata da due robuste sorveglianti trascina la sudiciona, in piena crisi isterica, verso le ombrose stalle di Lancy. sentiamo i muggiti della povera vacca 14 risuonare a lungo in distanza nei corridoi. Che dire? Madame Janine giunge presto ad un accordo con la Signora Anne. Pagando una modica retta la sguattera sudiciona rimarrà a lungo a Lancy, il lavoro continuo, unito al prezioso latte prodotto pagheranno la differenza della retta. La Dottoressa, da canto suo è ben contenta degli ultimi sviluppi: la mucca 14 farà da “guinea pig” a lungo, per gli studi sul completo riempimento tramite clistere, per non parlare degli studi sul condizionamento pavloviano per rimuovere l’immondo vizio masturbatorio.
Mie Signore, è con la tastiera bagnata da qualche lacrimuccia che questa indegna narratrice si congeda da Voi. Ma non disperate, Madame Janine può, in ogni momento richiamare in servizio la vecchia sguattera soprannominata “Sudiciona M”, ora conosciuta come “Mucca 14”
Vostra miserabile sguattera sudiciona N.
(18- continua)

26 settembre 2015

CENTRO DE DETENCION MADAME ROCIO 5 / LA PUNIZIONE DI "FATTY"


Nobili Signore, serva sudiciona,
mi accorgo che il mio racconto si è, per ora, focalizzato solo sulle ben meritate disavventure della perra. Non fatevi trarre in inganno, né io né la perra contiamo nulla qui al campo. Vi sono molte detenute e atre punizioni, per nostra fortuna.

La gallina ripiena.
Mi si permetta questo insolito titolo che richiama un delizioso piatto dei tempi andati.
Al Centro giungono detenute di tutte le razze e tutte le condizioni. Un gruppo di detenute di colore è arrivato direttamente dai bassifondi di Brooklin. Si tratta delle componenti di una vera e propria banda di serve che sono stata spedite da Madame Rocio da un altro istituto di correzione. Le componenti della banda sono segnalate come estremamente pericolose, aggrediscono e schiavizzano anche le compagne di prigionia.
Infatti ben presto anche nell’istituto di Madame iniziano le aggressioni alle altre detenute da parte della banda. La banda è comandata da Fatty, una gigantesca nera, una lottatrice di wrestling mancata. Fatty, durante le risse a cui partecipa fa largo uso di colpi “proibiti”, neanche fosse Chuck Norris. Prima di finire la propria vittima ormai semisvenuta con un micidiale colpo di gomito sferrato all’addome oppure schiacciarla sedendosi sopra, Fatty ha preso l’abitudine di fare un a specie di balletto, imitando le mosse di un pollo. Le altre componenti della banda, giunte a questo punto, esortano Fatty a fare “el baile del pollo”.
E veniamo agli avvenimenti, Fatty e la sua banda se la stanno prendendo con una delle loro vittime preferite: una povera cinesina che tormentano e vessano in tutti i modi. La poveretta, ad un certo punto si rifiuta di fare non so che cosa, causando una brutale aggressione da parte di Fatty. La gigantessa non si limita a pestare la poveretta ma aizzata ed applaudita dalle altre inizia la “danza del pollo”, preparandosi a finirla. Ma Fatty ha fatto male i propri conti: improvvisamente appare Madame Rocio con numerose sorveglianti. I due gruppi si fronteggiano. Le sorveglianti, però sono armate. Nonostante si renda conto di avere perso Fatty utilizza la solita tattica utilizzata negli altri istituti di correzione: aggredisce verbalmente la direttrice e di fronte al suo silenzio passa ad accusarla di razzismo. In altre situazioni la mossa può riuscire ad intimorire una direttrice senza pieni poteri. Ma Madame Rocio, l’ho già detto, ha su di noi detenute diritto di vita e di morte, come dicono “no question asked”.
E così le sorveglianti ammanettano rapidamente tutte le componenti della banda.
Madame Rocio è categorica: a tutte toccherà una settimana di “canile”, più un mese di lavoro forzato straordinario. “Vi assicuro che tra un mese striscerete, invece di camminare” sono le parole di Madame alle componenti della banda. Ora che le fiancheggiatrici sono sistemate, Madame Rocio passa ad occuparsi della capobanda. Per lei Madame annuncia un “tratamiento especial”.
Ed il trattamento ha un inizio graduale: Fatty viene rinchiusa in una stretta gabbia bene in vista di tutte noi. Per lei deve essere una bella sofferenza, grossa come è stare così ripiegata.
Il trattamento “di ammorbidimento” prevede che alla ingabbiata si somministri dapprima una “robusta” dose di olio di ricino. Di seguito vengono praticati tre grossi clisteri al giorno per tre giorni di seguito, in cui viene tenuta ingabbiata e completamente a digiuno. La somministrazione di uno dei clisteri viene mostrata a tutte noi tramite il “teatrino”. E vediamo la gigantessa lamentarsi e smaniare durante l’introduzione. Appena tolto il cannello Fatty, incurante dell’ordine di trattenersi, inonda rabbiosamente gabbia e pavimento. Ma sta solo aggravando la propria posizione. Alla fine dei tre giorni di “pulizia”, la gigantessa è un po’ meno aggressiva. Ma ora deve assaporare fino in fondo le terribili punizioni per cui è famosa Madame Rocio. Due robuste sorveglianti legano Fatty, completamente nuda, alle cinghie di un lettino ginecologico. Fa un po’ impressione vedere una grassona come lei legata ed impotente. Il lettino è posto nel “teatrino”, in modo che tutte possano seguire la punizione di Fatty, in particolare le componenti della sua banda, ben ammanettate e ben sorvegliate.
Ed arrivano Madame Rocio, accompagnata da una sorvegliante-infermiera. L’infermiera indossa un completo in latex bianco, con vistose croci rosse. Madame, al contrario, indossa una preoccupante mise in latex nero.
L’infermiera costringe la castigata ad aprire la bocca e le applica tra le arcate dentarie un apribocca metallico a scatto che le permette solo di mugolare e sbavare. Una ulteriore cinghia blocca la testa, in modo che non posa essere ruotata in alcun modo. Di seguito l’infermiera avvicina un carrello coperto da un lenzuolo verde. Ad un ordine di Madame l’infermiera toglie, con una mossa ad effetto, il lenzuolo. Sul carrello una preoccupante distesa di attrezzi medici: siringoni, cateteri, sacchetti per urina, tubi.
Madame si avvicina a Fatty che, a dispetto della propria pelle, è impallidita. “Bene cara, adesso io e te avremo una approfondita discussione a proposito della poca educazione che dimostri.
Per prima cosa voglio occuparmi della tua puzzolentissima patata”.
E la solerte infermiera porge a Madame Rocio un preoccupante plug vaginale: un cetriolone di plastica, dalla cui superficie sporgono numerosi bitorzoli arrotondati, una pompetta permette di gonfiare ancora di più il già ragguardevole oggetto. Il cetriolone viene accuratamente spalmato di un unguento balsamico che, come dice Madame, profumerà l’ambiente e irriterà le mucose.
Poi Madame palpa ben bene il voluminoso ventre della punita: “ottimo è proprio morbido, brava infermiera, ottima preparazione. La vescica è però ben piena, non vorrei che questa pisciona ci spruzzasse di orina durante il trattamento, mettile un catetere del 14.” L’infermiera seleziona tra i cateteri disponibili quello richiesto. Si avvicina alla punita e, sorridendo le fa l’occhiolino: “sei fortunata è il più grosso che abbiamo”. Ed inesorabile il tubicino si fa largo, bruciante, fino alla vescica. Un sacchetto si incaricherà di raccogliere la pipì di Fatty.
Ed è il momento adatto per l’introduzione del cetriolone, vediamo che la punita sera occhi e labbra, la faccia che mostra il male che sta soffrendo a causa dell’azione combinata di bitorzoli e pomata irritante. Quando il voluminoso oggetto è ben inserito, Madame prende la pompetta, e lo gonfia ulteriormente. Fatty si lascia sfuggire un lungo lamento, Madame le ingiunge di risparmiare il fiato.
Ora Madame apre un cassetto del carrello ed estrae un lungo serpente nero: un endoscopio. Lo mostra, con la punta che emette luce e muovendolo in vari modi alla punita, poi con fare colloquiale: “Ecco qua, poiché tu sei una vera dura non ti annoierò somministrandoti dei sedativi, sono sicura che apprezzerai di poter dimostrare il tuo coraggio. Ora fai la brava ed inghiotti questo senza fare storie”.
Vediamo gli occhi di Fatty dilatati dalla paura. Madame continua: “Pensa le mie colleghe in clinica hanno cambiato questi endoscopi ancora nuovi per sostituirli con altri più sottili, ecco da dove arrivano gli sprechi nella sanità. Io comunque li ho ritirati volentieri, sono sempre oggetti molto interessanti, sei d’accordo?”
Fatty, impedita dall’apribocca, risponde solo con un mugolio terrorizzato. Madame lubrifica l’attrezzo ed inizia ad infilarlo, lentamente nella gola della punita. Punita che, dal canto suo, delizia noi tutte con gorgogli, conati, mugolii e disperati colpi di tosse. Ma l’attrezzo, guidato dalle spietate mani di Madame, avanza inesorabile. La punita cerca in tutti i modi di divincolarsi, ma le robustissime cinghie la bloccano inesorabili, vediamo scendere lacrime che si mescolano ai goccioloni di sudore che dal viso scendono sul corpo della punita.. Madame segue il percorso del doloroso tubo su di un monitor. L’avanzamento è volutamente lento, anzi a tratti Madame ritira di alcuni centimetri il tubo, per poi tornare ad inserirlo ancora più profondamente. Il castigo dura una buona mezz’ora. Ormai il tubo è inserito completamente dalla bocca della punita fino allo stomaco ed ancora più giù.
Fatty è ormai semisvenuta. Madame si fa portare una secchio di acqua freddissima su cui galleggiano dei pezzi di ghiaccio, nel prosieguo ne avrà bisogno più volte per impedire a Fatty di svenire. Ne tira un mescolo in faccia alla punita, la sferzata di freddo la risveglia ben bene, pronta per proseguire. Madame annuncia “Poiché vedo lo hai apprezzato, adesso facciamo un altro giochetto, molto molto più bello”. Naturalmente l’unica risposta possibile è un mugolio.
Madame apre un secondo cassetto ed appare un endoscopio di calibro maggiore ed ancora più lungo. Credo lungo addirittura un metro e mezzo.
A quella vista vediamo la punita agitarsi e mugolare disperata. Ma nulla, le cinghie sono rinforzate con fili di acciaio.
Madame impugna l’oggetto serpentiforme ed inizia a strofinarlo, lascivamente con del lubrificante. Poi mostra alla sua vittima quanto è lungo l’oggetto: “lo mando ad incontrare l’altro” dice Madame. Non so quali cognizioni abbia la punita di fisiologia, evidentemente crede alla minaccia perché rotea disperata gli occhi edi suoi tentativi di divincolarsi si fanno ancora più forti
Ma ora Madame è pronta, lubrifica con attenzione l’ano della vittima, entrando ed uscendo con prima una poi due ed infine tre dita guantate, ben spalmate di lubrificante chirurgico. Vedo che Madame si sta eccitando, questi giochi sado-erotici le piacciono immensamente. Quanto a Fatty sentiamo solo i mugolii ed il respiro terrorizzato. Ed ora il nero serpente, da cui già esce un potente fascio di luce, viene posto sotto gli occhi della punita perché veda cosa la sta per invadere.
Se prima l’operazione era stata lunga, stavolta, tenendo conto delle curve e controcurve che l’oggetto dovrà fare faremo notte. E ben presto Fatty scopre le curve del proprio intestino. Scopre anche un giochetto che piace molto a Madame: attaccata allo strumento c’è una pompetta: serve a mandare aria per “gonfiare” la strada da percorrere, un pulsante, poi permette, volendolo, di fare uscire l’aria in eccesso. Bene, Madame si diverte a pompare la pancia della vittima con cinque o sei pompate, scatenando forti lamenti. Poi, improvvisamente Madame preme il pulsante permettendo all’aria di uscire. Vediamo che Fatty dal dolore apre e chiude i pugni e muove disperatamente le dita dei piedi: gli unici movimenti concessi. Lo strumento si fa strada inesorabile. Ogni tanto un po’ dell’aria pompata in eccesso riesce a sfuggire dall’ano della punita, con un rumore gorgogliante di scoreggina. Madame ha fatto disporre bene in vista della punita una lavagnetta magnetica con un disegno schematico dell’intestino. Di tanto in tanto un magnetino viene spostato in avanti dall’infermiera, per segnare fin dove si è arrivati, purtroppo per Fatty il budello ancora da percorrere pare infinito!
E mano a mano che lo strumento avanza i dolori della vittima si fanno ancora più forti. Dato che non le è stato dato alcun calmante per il dolore, ogni tanto Fatty viene colta da un principio di svenimento,. Cosa che non sfugge a Madame, un'altra generosa dose di acqua ghiacciata in faccia e sul torace della punita la risvegliano prontamente. L’ultimo tratto da superare, poi strappa addirittura delle urla alla vittima. E finalmente Madame è soddisfatta, ordina che venga acceso un monitor, posto in modo che la vittima possa vedersi, una impietosa telecamera mostra i due strumenti profondamente inseriti e la sua faccia stralunata. A questo punto Madame Rocio si rivolge alla povera panzona, chiedendole se non le pare di essere diventata un tacchino …. ripieno. E finalmente la punizione termina, i dolori per la punita non ancora, visto che ora Madame estrae, sempre lentamente i due strumenti, provocando ulteriori terribili conati di vomito e coliche intestinali, un'altra buona mezz’ora di sofferenze. Alla fine la barcollante Fatty viene rimessa in piedi dall’infermiera. Tutte guardiamo con attenzione e vediamo la panzona inginocchiarsi davanti a Madame Rocio, baciarle i piedi ed iniziare a fare il richiesto bidet con la lingua.
Madame accetta l’omaggio di Fatty, poi le annuncia quale sarà la vita nei prossimi mesi: Fatty verrà messa ad una dieta feroce, tutti i giorni, oltre a dei lavori punitivi, dovrà fare da pony trainando il carrettino di Madame per tutta la proprietà: “Grazie alla rigorosa dieta ed all’esercizio fisico presto tornerai ad avere un peso normale, dovresti esserne contenta” dice Madame.
Inoltre Fatty non dovrà mai più scambiare neanche una occhiata con le componenti della sua banda, pena la ripetizione del trattamento odierno per tutti i giorni di una intera settimana.
“Quanto alle tue prepotenze verso le altre detenute”, conclude Madame, “quando non lavori avrai sempre le mani incatenate tra loro e collegate alla cintura ed ai piedi, voglio proprio vedere quanto ti divertirai a venire pestata dalle altre detenute” dice Madame.
Fatty che ha terminato il suo lungo lavoro di lingua, abbassa la testa e bisbiglia un “Si Signora”, meritandosi un colpo di scudiscio, infatti dovrà ripetere la formula di obbedienza a voce ben alta.
Che differenza rispetto alla tracotante ed aggressiva capobanda di neanche una settimana fa!
(5- continua)


13 settembre 2015

TRANSFORMATION D'UNE BURGEOISE 3


TRANSFORMATION D'UNE BURGEOISE 3
by Conchita
translated from French and adapted by Monica 

I followed her instructions like a robot. I was about to finish filling
the tub when I heard her voice form the bedroom : "Marie Benedicte, could
you come here for a moment?" I went back to the bedroom, she was wearing
one of my bathrobes. She looked mischievously at me : "I decided to test
your good intentions, I thought that when I'll be having my bath you can
go down and finish the housework that I left undone. Would you like to do
that for me?" I was about to refuse it, proposing something of the type
' I can wait for you to finish your bath and we can do it together like
partners', but she didn't give me the chance. Instead she continued :
"I won't take no for an answer, be a good sport and play our little game."

I blushed again and said meekly : "Ok Monique, I'll do it, tell me what
you want me to do". I thought I saw a triumphant glimpse in her eyes but
she kept her cool and said in a 'giving instructions or orders tone':
" Just finish the dusting and vacuuming in the living, dining area and
then do the kitchen properly, do the dishes, clean the tops and mop the
floor thoroughly. Ok pet?" now she started calling me pet. I started to
go out of the room but she stopped me again : "Did you forget something
Marie Benedicte?" I turned around looking puzzled and with a big grin
she indicated at the pile of clothes on top of the bed. "You forgot
your working clothes dear!" And she was pointing to her overall dress,
apron and head scarf.

This time I did turn red from embarassment. "But Monique I don't have to
be dressed like you to do the housework, I can do it in my T-shirt and
jeans." This time she got red but from pure anger and said to me abruptly
: "Listen to me Marie Benedicte, either you do it my own way or I get
dress and go this instant and you will not see me again!" She stopped
to catch her breath, boy she was angry now, and continued : "I have been
doing that all my life and I am over 40 now, cleaning houses and offices
and public toilets and being an hotel maid and anything menial you can
think off. I am fed up of being a Portuguese maid, probably you can get
the feeling what it is like not to be an arrogant bourgeoise and be in
the other side of the fence."
(3- à suivre)

27 luglio 2015

CENTRO DE DETENCION MADAME ROCIO 4 / LA FUGA DELLA PERRA


Nobili Signore serva sudiciona,
la prigionia prosegue

La fuga della perra

Rinchiuse come siamo in un istituto posto nel deserto a 100 km dalla più vicina cittadina, le guardie non si preoccupano eccessivamente per eventuali fughe. E la perra, come sempre trova modo di convincere un'altra detenuta ad accompagnarla in quella che a loro sembra una facile fuga. La hanno pensata bene, scapperanno di sera. Delle complici risponderanno per loro all’appello. Rubano dalla dispensa delle guardie cibo ed acqua. Una torcia elettrica permetterà loro di camminare al buio. Di giorno, poi, si nasconderanno in una buca. Di lì a tre o quattro giorni sono sicure di arrivare in città e qui sparire per sempre……
Illuse, delle assolute dilettanti. Infatti, di notte, senza una bussola e senza sapersi orientare con le stelle ed in mezzo ad un monotono paesaggio di dune, arbusti e cactus si perdono inevitabilmente già un paio di ore dopo la fuga. Ed è al mattino che viene rilevata la loro assenza. Avrei pensato che la terribile Madame Rocio si sarebbe agitata terribilmente, guidando di persona la ricerca delle fuggitive, invece …. Niente. Madame si fa una bella risata e, preso il telefonino parla brevemente in una lingua sconosciuta. Girandosi poi verso la capo delle sorveglianti, quella, invece molto preoccupata per la piega che potrebbero prendere gli eventi, Madame dà ordine di preparare per l’indomani due “canili” le terribili celle di punizione di cui vi parlerò in seguito. La giornata prosegue abbastanza male per tutte le detenute, messe in punizione per colpa delle fuggitive. Passa anche la notte, ormai la perra e l’altra mancano da 36 ore. Madame Rocio è però molto rilassata, infatti alle prime luci dell’alba, di fronte al cancello del campo vediamo due sacchi di iuta, che si muovono. Dai sacchi si sentono anche pietosi lamenti. Ad un ordine delle sorveglianti otto detenute portano all’interno i sacchi ed il loro contenuto e li gettano, senza complimenti a terra, scatenando altri lamenti. Aperti i sacchi vediamo la perra e l’altra in pietose condizioni. Sono state catturate dalle donne della tribù di nomade di nativi che pascolano le loro magre capre dei radi cespugli spinosi. Le native odiano particolarmente noi detenute e si prestano ben volentieri, grazie anche ai regali concessi da Madame, a sorvegliare la zona catturando le fuggitive. Anticamente mettevano le fuggitive catturate a cavalcioni di un cactus e le lasciavano lì, infilate dalle lunghe spine, per giorni e giorni, come castigo. Madame ha però pattuito che le fuggitive vengano consegnate subito, in modo da essere lei a punirle. In memoria delle vecchie usanze, comunque, il grosso frutto spinoso di un cactus è stato incastrato tra le natiche delle prigioniere. Sembra quasi una pallina da golf, arrivata in un punto difficile del tee. Vi lascio immaginare quanto sono penetrate le spine nella delicata pelle della zona. Sempre col frutto incastrato le due poverette sono costrette a sfilare tra due ali ostili di detenute.
Vi descrivo la perra: la divisa di fatica con cui si era coperta per sfuggire ai raggi del sole, nonostante sia di pesantissimo cotone è stracciata in più punti. Testimonianza dell’accanimento e della violenza a cui le hanno sottoposte le native e i loro feroci cani, a cui nessuna detenuta riesce a sfuggire. Le gambe nude della perra mostrano chiari segni dei morsi delle belve che la hanno inseguita. A causa del frutto spinoso incastrato tra le natiche, la perra cammina con grande fatica e dolore, piccole gocce di sangue danno una idea della profondità a cui sono arrivate le indistruttibili spine. La faccia della perra, poi, riflette la notte di terrore e dolore che ha appena passato. Posso affermare che la perra ha probabilmente accolto con sollievo il dolore provocatole dalle mani di una sorvegliante, protette da spessi guanti di cuoio, che hanno estratto il dolorosissimo frutto da dove era stato alloggiato.
Ma ora le fuggitive devono subire il “tratamiento especial” di Madame. Ho avuto modo di assistere alla punizione della perra e ve ne relaziono fedelmente. La punizione ha luogo nel “teatrino”. La punita viene denudata degli ormai inutili stracci. Da un angolo della stanza due sorveglianti prendono una massiccia asse di legno, divisa in due parti ed imperniata. Tre fori, uno per il collo e due per i polsi: si tratta di una gogna che va a bloccare le braccia della perra. Ora la condannata deve avanzare ed allargare le cosce. Sul pavimento un cuneo triangolare di legno. Un pratico sistema di leve solleva il cuneo fino a che la perra ne è a cavalcioni, con i piedi sollevati da terra. Un moderno cavalletto. Guardo il lato su cui appoggia la patata della perra, è stato sapientemente arrotondato, in modo da essere doloroso ma non provocare ferite. Ma non è ancora finita. Le cavi
Glie della perra vengono portate all’indietro, costringendola a piegare le ginocchia, Ora le caviglie vengono ulteriormente sollevate costringendo i piedi sempre più in alto. Ora i piedi sono bloccati da una seconda piccola gogna che blocca le caviglie. Inutile dire che la posizione è completamente sbilanciata e la perra cadrebbe immediatamente in avanti, se due provvidenziali funi non tirassero all’indietro la gogna del collo. Chi fa le spese di tutta questa manovra è la patata della perra che ora sostiene tutto il peso della condannata. Condannata che creca di alleviare almeno un pochino il peso stringendo spasmodicamente le cosce sulle pareti del cavalletto
Ho già detto che a Madame Rocio piace sentire i lamenti delle suppliziate, infatti nessun bavaglio tiene zitta la perra che si lamenta a lungo. Ma i lamenti diventano ben presto urla disperate quando Madame avvicinatasi ad un apposito portaombrelli pieno di salamoia, una delle tante verghe di nocciolo che contiene. Con questa verga Madame prende a colpire le piante dei piedi della fuggitiva. E quello di Madame non è uno sfogo di rabbia, in cui un colpo segue l’altro senza il minimo intervallo, i colpi sono intervallati da un minuto di pausa, in modo che le sensazioni dolorose immediate e tardive abbiano modo di essere apprezzate dalla condannata per ognuno dei colpi. La perra gronda sudore e lacrime, non so dove vada a prendere il liquido. Le sue urla si sentono chiaramente in tutto il campo. E non le è concesso di svenire, troppo facile, ad ogni accenno di svenimento Madame strizza e torce con cattiveria i “pezones” della perra, rinfrancandola di colpo. Penserete che ben presto i piedi della perra sanguineranno, niente di tutto questo, nonostante la feroce punizione duri per una intera ora le piante dei piedi e le dita sono arrossate ma la pelle è intatta. Madame fa liberare i piedi della perra e fa scendere il cavalletto. Per la perra si annuncia un altro tormento, dovrà camminare a lungo con i piedi martoriati e con la patata dolorante. Ma, disidratata come è la attende un misto di cura e punizione ……..


Il clistere di punizione della perra

Vi avevo già accennato ai clisteri di punizione. In realtà fino ad ora ne avevo solo sentito sussurrare dalle altre detenute che parlavano dell’ultima volta in cui una compagna era stata “ben riempita”.
Ma veniamo alla perra: Madame Rocio annuncia la punizione a cui verrà sottoposta la disgraziata: “la reclusa recebirà un gran enema, per llenarse bien”. Insomma, la perra verrà “ben riempita”. E così, con noi riunite per la cena nel refettorio, viene alzata la tenda che mostra l’ambulatorio di Madame: è il famoso “teatrino”. La perra completamente nuda mostra chiari segni di disidratazione., ora dice Madame, la cui voce ci perviene, assieme ai pianti della perra, da un perfetto sistema di amplificazione “Hai tanta sete? Ora avrai modo di ricevere acqua a volontà”. E, ad un cenno di Madame, viene portata una piantana da cui penzola, vuota una sacca di silicone semitrasparente. Una sacca da clistere, di quelle professionali da clinica, non troppo grande terrà 2 litri. Ma guardo bene e vedo che sono TRE sacche. Comincio a capire perché la Signora ha promesso alla perra che sarebbe stata “ben riempita” .
La perra, zoppicante per il dolore ai piedi, deve salire sul lettino ginecologico, dove viene fissata con robuste cinghie. Vediamo chiaramente le grandi labbra livide per la pressione continua esercitata dal cavalletto. Deve farle un bel male!
E Madame Rocio, in persona riempie con attenzione le tre sacche di acqua fredda, Dato il gran calore non darà poi tanto fastidio alla perra, penso tra me e me.
Sono, devo confessarvelo, morbosamente eccitata, chissà quale cannula verrà usata per riempire la perra.
Ebbene, le mie attese non rimangono deluse: Madame preleva, con le mani guantate un apprezzabile attrezzo di gomma nera: una crossa cannula gonfiabile, una versione “oversize” della odiata cannula “bardex”. Le esperte dita di Madame lubrificano internamente la perra, una passata di lubrificante anche alla grossa cannula. Ora Madame spinge e ruota la sonda, Il grosso palloncino, però fatica molto ad entrare, strappando lamenti alla perra. Lamenti a cui Madame risponde invitandola a risparmiare il fiato per dopo. Ed alla fine dopo lacrime e lamenti, la cannula è “in situ”. Ma non è finita, ora Madame, con un sorriso cattivo, gonfia con un apposita pompetta il palloncino (beh non proprio –ino) di ritegno. La perra lancia un grido e caccia tanto d’occhi, non le è piaciuta la sensazione. Ora Madame apre il rubinetto della prima sacca. Le sacche sono poste piuttosto in alto ed i tubi sono di buon calibro, evidentemente in clinica preferiscono non perdere troppo tempo. Ed anche Madame Rocio non ne perde affatto. Nonostante si sia a più o meno un litro, vediamo la perra fare una smorfia ed iniziare a respirare come i cagnolini. Evidentemente il pancino già le duole. Come vi avevo già accennato la soglia di sopportazione della perra in genere ed in particolare dei clisteri è bassissima. E, quasi sul finire della prima sacca si sente un “bastaaaa” da piagnona.
Ora, Nobili Signore, devo confessare che sono eccitata, uno sguardo alle altre e vedo che tutte tirano in lunga il pasto per non perdersi un attimo del clisterone della perra ….


Il pancione

Ma ormai la prima sacca di acqua è stata somministrata. La perra, sempre bloccata in posizione ginecologica, dà chiari segni di mal sopportare il liquido. Madame Rocio, premurosa, inizia ad esplorare il ventre della perra, premendo a fondo in vari punti. Il verdetto è che “està todaora vacia”, ancora vuota. Madame, in persona, apre il rubinetto della seconda sacca. Non so se è per le lamentele della perra o per fare durare di più la punizione, il rubinetto stavolta viene aperto solo per ¼. Il liqido scende sempre inesorabile. La perra continua a lamentarsi e a respirare come un cagnolino. La pancia, sebbene in questa posizione la si noti poco, inizia a sporgere. Siamo giunti ai 3 litri. Per quanto ricordo è la massima quantità mai contenuta dall’intestino della perra. Ma Madame Rocio sa il fatto suo. Ora la perra, oltre ai lamenti continui, grida “basta, non ce la faccio più”, “Madame, la prego, scoppio!”. Ma questa è musica per le orecchie di Madame. Il liquido continua a scendere. Madame preme ora un po’ più delicatamente, scatenando comunque crampi e dolori. In realtà questa specie di massaggio serve a favorire la dolorosa risalita del liquido nell’intestino della suppliziata. E di lì a poco la seconda sacca termina. La perra contiene già quattro litri. Il pancione ora è ben visibile gonfio e con la pelle tesa. Guardo la perra, ormai il suo intestino ha iniziato ad assorbire acqua e a reidratarla. Nonostante l’acqua del clistere sia relativamente fredda (qui nel deserto l’acqua fredda è un sogno, riservato solo alle bevande di Madame e delle guardiane), la perra gronda sudore. E, con grande terrore della perra, Madame apre il rubinetto della terza sacca. Il rubinetto viene aperto pochissimo ma, per permettere all’acqua di scorrere Madame deve alzare al massimo la piantana. Ciò testimonia la pressione che deve sentire la perra nelle sue budella. Oramai la pancia della perra, solitamente abbastanza piatta, data la scarsità della dieta, è ben gonfia. La perra viene presa da conati di vomito, causati dal liquido che risale nella parte alta dell’intestino ma emette solo della saliva.
Ora Madame Rocio palpa con attenzione, pare soddisfatta del riempimento, dà con la mano piatta uno schiaffetto sul pancione della perra ormai rantolante e finalmente chiude il rubinetto. La perra contiene ormai un poco meno di cinque litri, una quantità di liquido incredibile, per una come lei refrattaria ai clisteri. Madame in persona scioglie le cinghie che bloccano la perra, poi con fare severo le comunica che non deve perdere neanche una goccia, poi, sadicamente dà altre due pompate al pallone che sigilla ermeticamente dall’interno l’ano della punita. La perra emette un uggiolio. Sono sicura che pensa di potersi finalmente scaricare. Madame la aiuta a mettersi diritta, il pancione gonfio ormai appare nella sua interezza, sporge a tal punto che la suppliziata si aiuta con le mani a sostenerlo. Pare che in questo modo i dolori siano più accettabili. Ma, ora Madame le ordina di camminare, è una lunga passeggiata che le attende, infatti la perra, sempre camminando a chiappe strette e sostenendosi il pancione, deve percorrere tutto il refettorio, scusandosi con ognuna di noi per averci costrette allo spettacolo del suo clistere. Quando giunge vicino a me posso guardarla con più comodo, la testa rapata ustionata dal sole, sopracciglia assenti, occhi lacrimosi e gonfi, un rivolo di moccio che le cola. Poiché è ancora nuda come mamma l’ha fatta vedo i seni, una volta svettanti ma che ora pendono miseramente. La pelle del ventre tesissima, mostra il bluastro delle vene. La perra si sostiene la pancia a due mani, è proprio simile a quella di una gravida ad otto mesi. Cammina con le spalle un po’ all’indietro, evidentemente le riesce meglio mantenere l’equilibrio. Fa dei corti passetti, la faccia distorta da una smorfia di dolore. Madame le ha messo un guinzaglio da molosso, uno di quei guinzagli detti “strangola cane” e la tira impietosamente, costringendola ad avanzare un passettino dopo l’altro. Penso che, nelle condizioni della perra, non le sia importato niente di doversi scaricare “coram populo”. Anzi, per meglio dire si è trattato di una “seduta evacuatoria” dolorosissima, con lunghe scariche intervallate da lancinanti crampi che hanno prostrato ulteriormente la perra per una buona mezz’ora.



Il canile

Ma per la perra non è affatto finita: come principale colpevole della fuga, la sua condanna comprende una intera settimana di “canile”. Seguiamo la nostra “amica” perra: all’alba, completamente nuda viene fatta entrare in una piccola cabina di 1 metro per 1 metro, alta un paio di metri. La cabina è realizzata in lamiera ondulata pitturata di nero. La perra, che rabbrividiva nell’aria ancora fredda della notte, si trova in questa specie di cabina da spiaggia. Sente che vengono chiusi i tre lucchetti che sigillano la porta.
Vede che il terreno, al centro del manufatto è liscio, segno che molte altre detenute vi sono state rinchiuse. Per un po’ si mette comoda, con la schiena appoggiata alla parete ma, come il sole prende forza, la parete inizia ad arroventarsi, essendo pitturata di scuro. La temperatura della lamiera arriva ben presto ai 70 gradi. Nessuna resisterebbe con la nuda pelle appoggiata, la perra scopre così che l’unico modo per non scottarsi è restare ben diritta, Si sistema così, un po’ inginocchiata ed un po’ seduta. Nessuno viene a portarle un sorso di acqua, anzi, ai suoi lamenti risponde il ringhio di una delle guardie che, per buona misura, tira un paio di randellate alle pareti, assordandola. Passano lentissime le ore, la perra si sta avvizzendo a vista d’occhio, Le gocce di sudore che nelle prime ore di prigionia nel canile scendevano lungo il suo corpo hanno lasciato il posto a cristalli di sale. Poi, dopo dodici ore di forno, il sole, lentissimo cala,finalmente la temperatura della parete, gradualmente scende e la perra può appoggiarsi. Non ne può più, ha già provato a chiedere pietà, scatenando altre volte l’ira delle guardiane, ma niente cibo e niente acqua. Cade in uno stato soporoso. Ma viene risvegliata dal rumore dei lucchetti che si riaprono. Viene fatta uscire, tutta anchilosata. Una sorvegliante sta portando una brocca di acqua. La perra non crede ai suoi occhi, finalmente potrà bere, la sua lingua si è ormai quasi incollata al palato….. La brocca viene vuotata in una ciotola, appunto di quelle dei canili. La perra viene ammanettata, così si sforza di immergere la faccia nella ciotola ed iniziare al lappare il liquido. Ma, inutile dirlo, il liquido non è altro che LA PIPI’DELLE DETENUTE ORMAI RANCIDA. La perra ha talmente sete che lappa comunque il liquido. Ogni tanto è preda di forti conati, ma, conscia che senza quel liquido non riuscirà a sopravvivere un altro giorno nel canile, si sforza di finire l’immondo beverone. Ma la vita nel canile è scandita da un altro fastidioso adempimento, infatti a mezzodì alla condannata, che sta cuoicendo a fuoco lento, viene praticato un clistere di acqua fredda. Sono dai due ai tre litri di liquido, fatti trattenere con il “tapon”. In questo modo si somministra in maniera “alternativa” il liquido necessario a far sopravvivere un'altra mezza giornata di tormento la condannata.

Vostra misera detenuta nadia.
 (4- continua)

17 luglio 2015

TRANSFORMATION D'UNE BOURGEOISE 2


TRANSFORMATION D'UNE BURGEOISE 2
 by Conchita

As I was talking she took me by hand and we went to the living room,
we sat together in the couch and she started holding my hand as I
continued my monologue. When I stopped I started crying again, God what
was happening to me, was that strong sleeping tablet that made me so
emotional? She put her hand around my shoulder and pulled me towards
her. Soon my head was resting on her shoulder and I closed my red eyes
for a moment of rest.

Suddenly I felt her warm lips kissing my cheeks and forehead and then
she kissed me in the mouth in an unexpectedly passionate manner. I was
completely taken by surprise but I felt at the same time an increased
sexual excitement. She then wiped my wet eyes with the edge of her apron,
something that excited me even more. She started talking to me in a quite
but firm manner, definitely forgetting her position in the house. She
spoke to me as a friend rather than a domestic : "With the little I know
you are completely secure financialy, you owe this wonderfull property
and you have a steady income from your grandfather's trust. You are 37
years old, you don't have to work for a living and you can organise your
life anyway you want." She stopped and looked at me rather sternly I
must say, as if she was accusing me for having all those benefits in life.

I looked back and all of a sudden I realised that I needed that woman. I
said without hesitation : "Look Monique. Would you like to stay the
week with me to help me get over this terrible crisis I face, even if
you thing that is not that serious?"

She answered back immediately as if she knew the answer even before I
asked. She said : "I'll stay on one condition, we have to establish a
different relationship, not the one of employer and employee to start
with. I am Monique for you, but you are Marie Benedicte for me." I blushed
a bit when she mentioned my double name. Coming from an upper class
family I had several names in fact my full name was Jeanne Marie Benedicte
Batiste D' Armagnac. But for my friends I was simply Marie Benedicte.

"Of course I accept Monique" I eagerly said and at the same time I was
thinking what she means with this 'to start with'.

"In that case" she continued "you have to give me access to your wardrobe,
I always felt envious for your elegant clothes and I don't have but my
working clothes with me. And since I'll be a guest in this house for the
rest of the week, no more housework for me. Do you agree Marie Benedicte?"

I blushed again, this woman had a way of intimidating me that I hadn't
notice before, a whole new persona of Monique was in front of me. "Of
course Monique, there are plenty of clothes in my cupboards, more than
I can use myself, you can choose anything you want and I think we are
about the same size. Please let's go upstairs and sort things out"

We reached the master bedroom and to my total surprise she started undoing
her apron and overall dress. She saw my look and said casually : "I think
I'll have a bath first before I dress in my bourgeois lady clothes. Would
you be a pet and run a bath for me, and please add some of the nice bath
oils you are using, I want to smell like a bourgeois lady from now on."
(2- à suivre)

29 giugno 2015

TRANSFORMATION D'UNE BOURGEOISE 1

TRANSFORMATION D'UNE BOURGEOISE
by Conchita
translated from French and adapted by Monica

Translators Note
The story is happening in Paris of the early 1970s and could be based on real facts. At the time Portugal was still a very poor country and not a member of the European Union. Lots of poor girls and married women were coming from there to work in France as factory workers, cleaners and maids. Many of those girls were working as live in maids in many Parisian bourgeois houses or apartments. If they were working in
apartments they had there own separate rooms at the top of the building, usually in the 6th floor, at what was called 'la chambre de bonne' (maid's room). Of course there was no elevator in those buildings of the late
19th century and the maids were going down from the back service stairs
to the kitchen door of the apartment they were working. They were not
allowed to use the font entrance of the building even when they were out
of uniform and not on duty. For them there was the back or side service
entrace to come and go, the same way that the garbage was coming down as
well. All those apartment buildings had there own live in concierge who
had a little place to stay either by the entrance or in the basement. The
concierge was usually the 'terror' of all live in maids because she was
checking on them all the time, reporting back to their employers.

So the term Portuguese maid/housekeeper or 'femme de menage Portugaise'
was synonymous to a poor backwards peasant girl or woman often illiterate,
coming form the rural areas of Portugal to work in the sophisticated
Paris. The rich bourgeois Parisians had the tendency of course to look
down on them.

At the time they were lots of specialized shops in those rich Parisian
suberbs, selling 'domestic workwear' for those in live in service. Those
shops were called 'blouses et tabliers boutiques' (overalls and aprons
shops).

In today's Paris, as elsewhere in the western world live in maids are a
rarity. Portuguese women are rich and elegant an go to Paris for their
shopping and the 'blouses et tabliers boutiques' are nearly gone.

CHAPTER 1
My husband left me!! I simply can not believe it! It finally happened
and it happened just like that. Yesterday he announced to me that he had
an affair with a nurse (how banal Mon Dieu!) Working in his clinic and
they were moving out of the country to start new parallel careers in an
exclusive private clinic in Milan, Italy! I simply can not believe it,
my husband decided to leave his beloved Paris for an Italian city, even
if that is Milan? Later I understood that this was planned well ahead and
it was me in my notorious innocence and naivety that didn't pick anything.

He packed a suitcase of clothes and personal things in a haste and left
yesterday evening directly for the airport, they had a late flight to
catch. He said that He didn't need anything else from the house which
belonged to me anyway, through family inheritence. But in a goodwill
gesture, as he said, he left everything that we bought together for the
house the five years we stayed together.

We parted as friends without unnecessary scenes, we both were low key
people and we didn't like screams and abuses. He even managed to convince
me that he wasn't good enough for me, he wasn't the type of man I needed
etc. Probably he had a point. I really don't know. Of course after he
was gone a terribe emptiness overtook me and I started crying bitterly
on my own. It took me some time to calm down and only after I took a
sleeping tablet I was able to go into a deep dreamless sleep.

I opened my eyes quite late the next day, it was past ten in the morning
and I could hear the familiar noise of the vacuum cleaner from the floor
below. God I forgot! It was Monique our Portuguese cleaning lady. I felt
uneasy I had to explain to her what happened. She was coming to the house
3 times a week and we were quite happy with her. All of sudden the feeling
of emptiness came back to me. I was still thinking in terms of WE, but
I was alone now! Tears started coming up tp my eyes and I desperately
tried to control myself.

Soon I was in the dining room where usually breakfast was served when
Monique was around. She saw me and I must have looked quite a sight
because she stopped what she was doing and came towards me, a concerned
look in her face. She looked very neat in her light blue overall dress
and her matching bib apron and head scarf. I was a firm believer that
a domestic in the house should look the part, nothing fancy, just a
practical maid's uniform.

"Bonjour Madame, you look terrible this morning, is everything
alright?" "Non Monique pas du tous, everything is not alright" I said
and tears started coming up again. "Pauvre Madame, please tell everything
to Monique"

And I started and I said to her in detail what happened, sobbing softly
at the same time.
(1- à suivre)

CENTRO DE DETENCION MADAME ROCIO 3 - DETENUTE AI LAVORI FORZATI


Nobili Signore serva sudiciona,
proseguo nel racconto della prigionia al Centro.

Al lavoro!

Come nuove arrivate ci è stato concesso un periodo di ambientamento, questo è il discorso che ci la comandante delle sorveglianti. Da domani cominceremo a lavorare. Dovete sapere, infatti che il Centro prevede il duro lavoro come parte principale della pena. Svariati sono i lavori a cui siamo obbligate, tra i più faticosi abbiamo il lavoro alla salina e l’approvvigionamento d’acqua. Dovete sapere che il deserto su cui si trova il Centro, anticamente era il fondo dell’oceano. Durante le ere geologiche l’acqua si asciugò gradatamente, lasciando uno strato di un metro di pregiato sale, molto apprezzato dai cuochi di grido. Di seguito un vulcano coprì di lava e lapilli il prezioso strato di sale. Sarebbe economicamente poco conveniente sfruttare questo tipo di salina, a meno di avere della manodopera gratuita. E madame Rocio ne ha in sovrabbondanza!. Infatti noi detenute dobbiamo lavorare in una miniera a cielo aperto, appunto “la salina”. Il lavoro della salina è tra i peggiori: si lavora in pieno sole, con temperature da delirio. Inoltre, essendo il deserto una biosfera protetta, non sono permessi mezzi a motore, tutto il lavoro deve essere eseguito a mano da varie squadre di detenute che si alternano. Il lavoro più pesante, di scavo, viene eseguito nottetempo, il trasporto del sale scavato viene invece eseguito in pieno sole. I lavori vengono eseguiti da gruppi di due detenute, incatenate tra di loro. Va da sé che i due gruppi di schiave-detenute siano stati soprannominati “le talpe” e “le mule”, a seconda del tipo di lavoro.
Dimenticavo di dire che il lavoro è diversificato a seconda della pena, io per esempio sono tra le fortunate condannate ad una pena più breve e meno dura. Nel mio caso il lavoro di scavo viene eseguito con una zappa, sul terreno già scavato dal gruppo delle “irrecuperabili”, le detenute condannate a dure ed interminabili pene, tra le quali l’immancabile perra. La stessa cosa accade anche nel gruppo delle mule: durante questa corvè io caricherò e guiderò il carretto contenente il sale scavato e la perra dovrà trascinare a viva forza il carico lungo una interminabile salita per uscire dalla salina.
E siamo al primo giorno di lavoro. Dobbiamo indossare la puzzolente divisa di fatica. Poiché abbiamo la fortuna di poter scavare di notte, possiamo fare a meno di indossare il cappuccio e le guardiane tollerano che la divisa non sia ben abbottonata. Per iniziare dobbiamo rimuovere con badili e picconi lo strato di lava, che viene ammucchiato da parte. La perra e le altre sventurate devono armarsi di picconi e mazze ed iniziare a rompere il durissimo strato superficiale di lava. Ben presto le loro divise sono macchiate di sudore che si irradia da sotto le ascelle fino ad inzuppare più o meno tutta la divisa. Non sono concessi guanti da lavoro e ben presto le loro mani sono arrossate e piene di vesciche, fino a quando non si formeranno degli spessi calli. Ho occasione di vedere più volte la perra, mentre piccona alla disperata, sorvegliata a vista da una guardiana che le impedisce di battere la fiacca. Le guance rosse, respira a bocca aperta, cosa che le ha seccato la gola, tanto da non riuscire più a parlare, ma emette un “ahrrr” quando viene colpita dallo scudiscio della guardiana. Dal canto mio non è che si vada meglio, la divisa è molto pesante e sono in un bagno di sudore, la zappa non sarà pesante quanto il piccone ma le mani fanno malissimo, anche perché l’ambiante salino in cui ci troviamo è proprio il meno adatto per le vesciche che si stanno formando. Ben presto mi sento morire di sete, mi guardo attorno, ma nessuna pausa ci viene concessa, tanto meno vedo borracce od altro.
Poi dobbiamo armarci di carriole e trasportare il frutto del nostro sudore dove detenute più fortunate sono addette all’insacchettamento del prezioso sale. Inutile dire che anche con la sola divisa di fatica siamo in un bagno di sudore. Sudore che ci sottrae preziosi liquidi, siamo tutte molto disidratate, al punto che le nostre gole sono asciutte e parliamo a fatica. Daremmo tutte un dito per poter avere una brocca di acqua, fosse pure calda! Ed invece la regola è la solita, il liquido necessario ci viene fornito dalla insipida sbobba che divoriamo e devo dire che lecchiamo a fondo le gavette, neanche una goccia del prezioso liquido deve andare persa.

L’Ambulatorio
Ben presto veniamo a sapere che al Centro non conviene darsi malate: Madame Rocio è laureata in medicina e si occupa personalmente della salute delle detenute. E una delle perversioni di Madame è proprio sado-medica, si è fatta costruire un grande ambulatorio medico, dotato delle più moderne attrezzature. E, direttamente nell’ambulatorio danno alcune celle, dove vengono rinchiuse le detenute bisognose di cure e le vittime che Madame decide di sottoporre alle proprie voglie.
Visitiamo una delle cellette: un letto di quelli da ospedale, con la testiera di ferro. Robuste cinghie di cuoio collegabili a catene di diversa lunghezza, permettono di bloccare la “paziente”. La cella è sempre fastidiosamente illuminata. Di fianco al letto un capace “secchio igienico”, quando Madame non decide di fare indossare alla propria vittima le umilianti mutande impermeabili con relativo pannolone.
Ma torniamo in ambulatorio, il mitico ambiente che atterrisce le detenute. Due lettini ginecologici, regolabili in tutte le posizioni, una poltrona di contenzione simile alla poltrona di un dentista ed attorno moltissima strumentazione. Il resto dell’attrezzatura è ben ordinato in grandi armadi a vetri. Madame non ha risparmiato di certo in questo suo hobby. Ma il clou dell’ambulatorio è che una parete dà direttamente sul salone dove noi detenute consumiamo i pasti. Un sistema automatico permette di scoprire un grande finestrone, per realizzare quello che le sorveglianti chiamano il “teatrino”, l’ultimo grado della umiliazione, dove tutte possono vedere cosa viene fatto alla loro compagna. Ovviamente un sistema di altoparlanti trasmette i lamenti. Spesso i lamenti di una punita fanno da lugubre colonna sonora ai nostri pasti.
E non si è certo lesinato sulle attrezzature: apribocca da dentista, divaricatori, speculum, sonde, clisteri, addirittura l’attrezzatura per gastroscopie e colonscopie. Vi assicuro che la sola prospettiva di venire convocata in ambulatorio mi fa venire i brividi nonostante il caldo asfissiante.

I clisteri
Al Centro tutte le detenute ricevono giornalmente di routine uno o più clisteri che ci mantengono con le pance doloranti, ma ci permettono di sopravvivere alla mancanza d’acqua. La quantità di acqua di questi clisteri formato “famiglia” varia tra i 2 ed i 3 litri, secondo le capricciose prescrizioni di Madame. Comunque dolorosi ed odiati dalle detenute, sono clisteri di idratazione, da trattenere il più a lungo possibile per reidratare i nostri corpi permanentemente assetati. L’apparecchio è sempre posto ben in alto e la somministrazione avviene sempre velocemente, per cui creano dolori e crampi. E non pensate sia semplice trattenere il liquido sufficientemente a lungo, se qualcuna non riesce, cioè quasi sempre, viene applicato “el tapon”, un grosso tappo anale, molto fastidioso. E’normale vedere le detenute camminare a passettini, con le natiche ben strette e faticare a piegarsi durante il lavoro, appunto per la pancia gonfia, dopo il quotidiano clistere.
Ma esistono ben altri clisteri, clisteri di punizione, questi amministrati personalmente da Madame, addirittura a volte l’esecuzione viene mostrata a tutte le detenute nel “teatrino”, in modo che la vergogna della punita sia massima e che l’accaduto serva da monito per tutte le altre.
Sono volutamente breve sull’argomento clistere perchè ve ne parlerò diffusamente in numerosi episodi, come il seguente.

L’iniziazione
E’ una delle solite mattine al Centro. Madame Rocio si reca in ufficio ed automaticamente dà un occhiata alle numerose mail ricevute dalla sua rete di amiche, tutte persone importanti e dominanti. Resta sorpresa da una mail firmata Conchita, mescolata al fastidioso onnipresente spam. Un click e legge la mail della sua amica del cuore della gioventù trascorsa in collegio. La sua amica, ora dirigente di una banca, le scrive annunciandole l’arrivo di una nuova schiava da plasmare: una giovane funzionaria che ha causato un grosso danno che le potrebbe costare il disonore ed anni di prigione. La giovane ha chiesto pietà ed ha accettato di sottoporsi ad un periodo di rigorosa disciplina, firmando altresì una completa confessione che le impedirà qualsiasi forma di ribellione o ritorsione. “Ed è così che ho pensato a te, mio amorrr. Ho avuto modo di visitare il tuo “Centro de detencion Maxima” l’ultima volta che ci siamo incontrate e mi è piaciuto moltissimo. Se sei d’accordo ti invio sicuramente questa giuggiolona, ti allego le sue risposte al questionario che mi avevi inviato, vita sessuale praticamente assente, nega di masturbarsi, mai ricevuto un clistere eccetera. Vedi di divertirti a domarla e di farmene una buona schiava.”
Madame rilegge incredula ed eccitata la mail. Poi chiama la comandante delle guardiane, in modo che organizzi il viaggio di trasferimento “per una cerbiatta”. Ciò significa che la nuova detenuta dovrà sì camminare per tre giorni, ma le saranno risparmiate buona parte delle percosse e le verrà data doppia razione di acqua, Un trattamento di grande favore. Passa qualche giorno e la giovane detenuta in questione giunge al Centro. Viene assegnata al blocco delle detenute recuperabili, quello per inciso in cui è rinchiusa anche la narratrice, anziché al blocco di “maxima pena” dove scontano condanne più o meno a vita le “irrecuperabili”, tra cui la perra.
Ma torniamo alla nostra giovane, di nome Zinia. Sono passati alcuni giorni ma non si è ancora ambientata, spaventata dall’inferno in cui si è trovata proiettata piange e si dispera e quasi non mangia. La cosa non sfugge a Madame, la pollastrella è cotta a puntino, si dice. E ad un ordine di Madame la giovane viene accompagnata nell’ambulatorio. Alla povera Zinia è stata fatta indossare, per eccesso di zelo delle guardie, la divisa di punizione ed è stata lasciata una mezz’ora al sole. Le pare di essersi liquefatta, sente rivoli di sudore su tutto il corpo. Il corsetto le impedisce di respirare liberamente.
Ed improvvisamente alla detenuta appare Madame, in una mise aderente di latex candido. Contrariamente all’esterno negli ambulatori e negli appartamenti di Madame un perfetto sistema di condizionamento mantiene temperatura ed umidità ai valori ideali.
Madame Rocio ha un sorriso, vedendo le pietose condizioni della futura schiava. Ordina alla propria assistente preferita di spogliare la detenuta Zinia. La poveretta è in condizioni igieniche, diciamo, pessime. Sono passati ormai otto giorni dall’inizio del suo incubo e dall’ultima doccia. Le viene ordinato di restare in piedi, con gambe e braccia lontane dal corpo. Madame prende alcune misure. Poi indica con l’indice alla detenuta una porta. All’interno una grande stanza da bagno. La giovane si illude che le permettano di fare una doccia, così riuscirebbe, a dirigersi il getto sulla bocca aperta e calmare la terribile sete che la attanaglia. Ma niente di tutto questo, Madame le mostra un bidet, importato appositamente dall’Italia, e le ordina di sedersi. Dopo di che Madame si arma di sapone e spugna e la sottopone ad un delicato quanto imbarazzante lavaggio intimo. Ancor più imbarazzante perché Madame insiste sulle parti …. sensibili ed un ditino malizioso di Madame si infila anche nel buchetto. Zinia è in confusione, non lo confesserebbe mai, ma ovviamente sa trarre piacere dal proprio corpo e ne approfitta spesso..
Madame porge alla detenuta un panno, perché si asciughi e la fa salire su di un lettino. Sottopone poi la detenuta ad una accurata visita medica. Una volta stabilito che la giovane è in grado di sopportare senza problemi il durissimo regime del Centro, Madame passa al proprio piano.
Zinia sente le mani di Madame che le sfiorano e sollecitano i capezzoli, fino a farli rizzare. E’ poi la volta della patatina, Zinia si morde le labbra per non mettersi a mugolare, ma il fatto non sfugge a quella marpiona di Madame. Poi si passa al ventre, mani esperte premono e saggiano la pancia abbastanza gonfia, poiché la nuova dieta, unita alla privazione di buona parte dei liquidi, hanno bloccato …. le cose. La giovane, presagendo guai, cerca di negare il problema, ma un dito …. invadente di madame ritorna col guanto macchiato, rivelando la vergognosa realtà. Madame, ovviamente ha la soluzione ed è ben decisa a sfruttare la situazione per le proprie mire.
Una piantana spunta da un angolo, su di questa viene agganciata una sacca semirigida di silicone semitrasparente. Si tratta di una sacca piccola, solo due litri. Per questa prima volta Madame sceglie un blando infuso di camomilla tiepida. Alla fine del tubo Madame installa la sonda più piccola della propria collezione. Si tratta di una sonda ospedaliera, di gomma verde, stelo grosso come un dito. L’estremità ingrossata della dimensione di una grossa oliva ascolana porta numerosi fori. Lo stelo non è liscio ma ha un profilo ondulato, alternando punti più larghi a punti più sottili, in modo che lo sfintere possa fare presa, senza che la cannula penda a sfilarsi. E per iniziare, una buona lubrificata a sonda e buchetto, mettono ancora più in ansia la giovane. Madame verifica maternamente la temperatura della sacca, poggiandovi una guancia …. perfetto piacevolmente calda. Ora Madame regola l’altezza in modo che la sacca sia abbastanza bassa ed afferra la sonda. Invita la giovane a rilassarsi e appoggia la punta al buchetto. La reazione involontaria è di stringere ancora di più, ma Madame ha deciso di non essere brutale, questa prima volta. Parla con dolcezza alla ragazza e mantiene una leggera pressione su buchetto. Pia piano lo sfintere si rilascia, permettendo l’ingresso del misterioso oggetto. Zinia sente l’invasione ed arrossisce completamente, Madame nota che è arrossita anche la “pelata”. Ma è il momento di cominciare, Madame apre lentamente il rubinetto. Zinia sente subito l’invasione dell’acqua, la temperatura è leggermente più alta di quella del corpo ed è …. stranamente piacevole. Convinta dalla sollecitudine di Madame la ragazza si rilassa, sentendo il flusso del liquido caldo che la invade. Passa qualche minuto di piacevole languore, ma ben presto Zinia inizia a sentire voglia di andare al bagno. La voglia diventa ben presto una urgenza e la povera giovane si trova con la pancia che le impone una irrefrenabile voglia di spingere e scaricarsi. Ovviamente il peso delle convenzioni e l’educazione le impongono di ignorare questo stimolo, soprattutto in presenza di altre persone. La ragazza ormai suda vistosamente e Madame nota che i muscoli delle natiche sono stretti spasmodicamente. Madame ferma l’acqua e chiede alla ragazza cosa la turbi, provocando un altro accesso di rossore e una risposta balbettante ed incomprensibile. Madame decide di abbreviare i tempi, le mani esperte riprendono a premere, delicatamente ma profondamente la pancia. Zinia è ormai allo stremo, le dita della Signora penetrano la barriera opposta dai suoi muscoli ventrali, scatenando brontolii e dolori. Rendendosi conto che la ragazza è allo stremo, Madame Rocio ordina con un cenno alla sorvegliante di sparire immediatamente. Restate sole inizia a tormentare la ragazza per provocarne il crollo. “Cosa c’è per agitarsi tanto?” chiede. “Signora, avrei, avrei bisogno di di…” “Di cosa, rispondi subito oppure riapro l’acqua e continuiamo”, Zinia ormai non ha più nessuna risorsa per difendere il pudore e risponde: “Devo cagareeeeee subito, per favore, SCOPPIO!!!”Madame apre le cinghie che trattenevano la ragazza sul lettino, le ordina di stringere, che non si faccia sfuggire l’acqua lì in ambulatorio. Sfila la cannula a fatica, tanto le chiappe sono spasmodicamente strette. Indica la stanza da bagno alla detenuta che si affretta, piegata in due dal dolore. Zinia si fionda sul water ma si accorge che la Signora la ha seguita nel bagno. “per pietà Signora, non voglio, non posso…….”, “Siamo solo noi due, puoi farlo, lasciati andare e spingi, altrimenti ti schiaccio la pancia”, “No Signora, per pietà, aspetti, mi concentro”. Ed arrossendo la detenuta rilascia un torrente d’acqua. Ovviamente non è solo acqua e ben presto tra scorregge e scrosci l’aria si fa irrespirabile. Ma Madame Rocio pare non essere disturbata dall’odore. Dopo un buon quarto d’ ora Madame chiede alla detenuta “hai finito?”, al cenno di assenso della ragazza Madame la fa ripulire, alzare e la riconduce al lettino. Riempie nuovamente la sacca, sotto lo sguardo preoccupato di Zinia, e lubrifica nuovamente il buchetto. “Ora non preoccuparti, sei abbastanza vuota, se fai la brava non ti farò male” dice alla giovane. Ed è di parola, Zinia sente il liquido caldo che entra, una sensazione di pieno niente affatto dolorosa accompagna la lenta instillazione. Madame palpa, in maniera esperta il ventre, la detenuta contiene ora un litro e mezzo. Ora di iniziarla al piacere della schiavitù, chiude il rubinetto ed estrae la sonda. “Adesso ti metto un piccolo tapon” dice Madame. Un accessorio piriforme, di colore bianco, ben lubrificato è pronto. Una subitanea sensazione di dilatazione dice alla giovane che il “tapon” è entrato. Sollecitata dalle parole di Madame si rilassa, ora le dita abili di Madame le regalano un orgasmo intensissimo. E nell’animo di Zinia spunta il desiderio di ricambiare Madame dell’orgasmo che le ha donato. Chiede a madame di liberarla e si inginocchia di fronte a lei, con la pancia ancora gonfia del meraviglioso liquido. Madame si toglie le mutande in latex ed accetta l’omaggio della inesperta lingua della giovane, guidandone l’inesperienza fino a regalarsi un orgasmo galattico. Ma non è finita, ora la giovane deve imparare la sottomissione, le mani di Madame schiacciano la pancia della schiava, causandole, per tutto ringraziamento, nuovi dolori. E quando permetterà nuovamente alla schiava di scaricarsi la ragazza si umilierà leccando i piedi di Madame. Una nuova schiava è entrata nella scuderia di Madame
Vostra detenuta nadia.
(3- continua)

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 9


Diario di una educazione – 9
Il “martinet”
La nostra serva in educazione, inevitabilmente deve essere corretta. La Oberschwester sa benissimo come imporle la disciplina, già vi ho parlato delle furiose sculacciate che hanno scaldato al calor rosso le servili chiappette. La Oberschwester chiede a Madame se non sia il caso di passare a qualcosa di più serio, magari il notissimo “gatto a nove code”. Madame però considera eccessivo il famigerato frustino, fornito di nove robuste cordicelle appesantite da un nodo in punta. Le serve del giorno d’oggi non hanno più la fibra per sopportare queste punizioni da rudi marinai. Le due educatrici optano per un frustino ben più dolce, quello che era un presidio educativo in educandati e scuole francesi. E così Madame ordina da un ebayer francese un “Martinet”. Qui le lacinie sono di cuoio sono 10, ma, essendo leggere e prive di nodi non rischiano di ferire o fare gravi danni. La efficacia correzionale dello strumento è comunque garantita da più di un secolo di appassionato, intenso e fruttuoso utilizzo scolastico.
E ben presto la servetta impara a conoscerne ben bene lo strumento disciplinare. Ed è la Oberschwester che si applica all’insegnamento. Quando la serva merita una punizione, si sente ordinare di abbassare le mutande fino alle caviglie. La gonna della divisa di fatica viene rialzata ed assicurata con delle spille da balia, in modo da non ostacolare in alcun modo la punizione, Ora la serva deve chinarsi in avanti, appoggiandosi ad una sedia o, peggio ancora le viene ordinato di afferrarsi le caviglie. In questo modo i muscoli dei glutei si contraggono, offrendo così le chiappette ai morsi del Martinet. I colpi vengono portati a tutta forza, visto che la punita non è proprio di primo pelo. Sentiamo il sibilio del Martinet che colpisce, svisss, swiss, seguito dall’ “aiiiii” della punita. Ma la Oberschwester è categorica, la punita non deve strillare e deve contare in maniera ben intellegibile i colpi ricevuti. Se anche una sola di queste condizioni non viene soddisfatta il colpo verrà ripetuto. Il numero di colpi è in progressione a step di dozzine e mezze dozzine. La serva per il momento riceve una dozzina per le colpe meno gravi e due dozzine quando abbisogna di un castigo più serio.
Posso garantire, potendo ascoltarne il racconto in prima persona, l’efficacia del metodo correttivo, le lacinie paiono api impazzite che mordono a ripetizione le tenere carni, lasciandole piene di striscioline arrossate. Non dovrei riferirlo, ma la servetta giù ai giardini ci ha mostrato i segnacci rossi su cosce e natiche. Segni non in rilievo e violacei come quelli lasciati da una canna o sanguinanti come nel gatto a nove code, ma comunque ben visibili. Ed i segni sono scomparsi solo dopo due o tre giorni.
Ma non sempre la punizione col Martinet è così leggera: capita che un giorno la Oberschwester, durante una ispezione, scopra una macchia di umido sulle mutande della servetta, Inevitabile l’accusa di aver fatto sudicerie in bagno. La serva sostiene di aver solo fatto pipì e non essersi asciugata bene. Ovviamente non viene creduta e Madame decide che bisogna reprimere senza pietà. La serva deve disporre due sedie a un metro l’una dall’altra. Ora le viene ordinato di denudarsi completamente. Le vengono infilate a forza le mutande sudicie in bocca. Un paio di mutande pulite le viene infilato in testa, come segno di dileggio ma anche per impedirle di vedere. Ora la guidano e la fanno salire sulle sedie, appoggiando un piede per parte, Una perfetta “spaccata”. “Mani dietro la nuca”, è l’ordine della Oberschwester. La serva trema, dove la colpiranno? Madame si porta davanti a lei. “Per la sudiceria commessa riceverai due dozzine di colpi di Martinet”. Poi le due donne confabulano un momento, “ben ferma se non vuoi che la dose venga raddoppiata”.
“Swiss”, il primo colpo la coglie in mezzo alla cosce. Data la posizione le è impossibile stringerle e proteggersi. Il bruciore è terribile e si irradia al sesso ed a tutto il basso ventre. La serva respira a fatica dal naso, sembra un mantice. Con un grande sforzo di volontà la serva è riuscita a tenere le mani, dalle dita ben intrecciate, dietro la nuca. Non hanno fretta, passa un intero minuto, durante il quale la serva assapora a fondo il dolore della sferzata. Ora la Oberschwester sta per vibrare il secondo colpo; “swiss” la punita si era preparata ad un colpo nella identica posizione, invece il colpo arriva inaspettato sui seni. La sorpersa ed il male fanno sì che la punita porti le mani a proteggere la parte colpita. Interviene Madame: “devi stare ferma, forse che non ti fidi di noi? Stai tranquilla che non ti resteranno segni. Uff, ora dovremo ripetere il colpo”. Ed il colpo arriva, mordendo ferocemente le mammelle. La punizione continua, per fortuna della punita i colpi vengono distribuiti equamente sul corpo. Presto il “martinet” morde nuovamente la passerina ed i seni della serva, scatenando dolori ancora maggiori, visto che le carni sono già irritate ed arrossate dai colpi precedenti. Si giunge alla prima dozzina di colpi, siamo solo a metà. La poveretta ormai è in un bagno di sudore, le lacrime hanno inzuppato le mutande che le coprono la faccia e le impediscono quasi di respirare. Madame è la prima ad accorgersene, la poveretta sta vacillando, probabilmente un calo di pressione. La robusta Oberscwester prende al volo la serva prima che cada in terra e la mette sul letto. Mentre le due praticano le cure del caso la servetta rinviene lentamente e le sente parlare, non di rinunciare a punizioni così dure, ma di fare applicare un gancio al soffitto, in modo da poterle assicurare le mani in alto, così da non permetterle di cadere od ostacolare la punizione! Anzi, Madame, invitava la Oberschwester ad intensificare la sorveglianza e la repressione. “Mia cara, appena la carrucola del soffitto sarà pronta, bisogna che il Martinet venga utilizzato molto più spesso. Non voglio che questa sporcaccioncella diventi una serva sudiciona. La autorizzo fin d’ora ad utilizzare la necessaria durezza. Non voglio dover spedire la servetta in una casa correzionale!
E stavolta, ai giardini, la poveretta si è troppo vergognata per mostrarci i segni ma ci ha detto che sule parti delicate sono restati per quasi una settimana.
(9- continua)

29 aprile 2015

CASTITA' DELLA SERVA / una lettera di FrauJulia

Gentilissima Madame Janine,

sicuramente la sguattera sudiciona, sigillata nelle sue doppie mutande, è impossibilitata a cercare i piaceri indebiti a cui era avvezza, infatti uno stato di spessa gomma, doppiato da una robusta mutanda di cuoio impedisce qualsiasi suo tentativo. Ma, anche rifacendomi ai deliziosi disegni della schiava Elizabeth, non vorrei che la sguattera abbia trovato un escamotage per ottenere comunque turpi orgasmi, massaggiandosi i capezzoli che, almeno nei disegni, sono tenuti liberi.. Ora, sappiamo benissimo che gli orgasmi ottenuti in questo modo sono spesso un mito, ciò nonostante potrebbe essere utile disciplinare anche questa zona. Mi trovo però in difficoltà a suggerire un metodo valido, l’idea che mi viene è quella di un apposito reggiseno contenitivo-punitivo, imbottito con il materiale delle spugnette ruvide. In alternativa al reggiseno si potrebbe usare una larga striscia contenitivo-compressiva che mantenga dolorosamente le cose al loro posto, anche durante lavori che richiedano di sporgersi in avanti oppure durante le corse punitive. Tale striscia sarebbe anche giustificata dal fatto che, data l’età non proprio verde della sudiciona, le zinne cominciano ad afflosciarsi ed a pendere sempre più in basso, quindi perché non nasconderle completamente?  Un alternativa più semplice potrebbe essere di limitarsi a foderare l’interno delle divise e dei grembiuli spugnette abrasive, cucite nei punti opportuni. A questo punto sfido la sudiciona a massaggiarsi, tenuto conto che le impudiche mammelle saranno già tenute opportunamente irritate dai continui sfregamenti contro le terribili spugnette.


Madame, indirizzo a Lei la missiva per competenza, ma, se Lei è d'accordo, si potrebbe ordinare alla sudiciona di pubblicarla. Credo che l'argomento possa interessare le attente lettrici.
Sua FrauJulia